31 marzo, 2022

01 marzo, 2022

Standard qulitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza territoriale

 0000210-23/02/2022-UMPNRR-MDS-A - Allegato Utente 1 (A01)

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IL MINISTRO DELLA SALUTE

di concerto con

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

VISTO l'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale dispone che con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

VISTA la sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 2006, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute ivi contemplato, con cui sono fissati gli standard e sono individuate le tipologie di assistenza e i servizi, sia adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”, anziché “previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

VISTO l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 sui requisiti strutturali, tecnologici ed

organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private;

VISTO il decreto del 2 aprile 2015 n. 70 del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze concernente il “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”;

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 recante “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017;

VISTA l’Intesa adottata il 18 dicembre 2019 tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano concernente il “Patto per la Salute per gli anni 2019-2021” (Rep. Atti n. 209/CSR);

VISTO il decreto del 12 marzo 2019 del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze concernente il "Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria";

VISTO il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 recante 
con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio

2020;

VISTO il decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2021 con il quale è stata costituita la Cabina di regia del Patto per la salute 2019-2021 che a sua volta ha istituito i gruppi di lavoro tecnici coordinati dalla Direzione

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Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” convertito,

generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute e dall’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas);

VISTO il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato dal Consiglio dell’Unione Europea il 6 luglio 2021 (10160/21), in particolare la Missione 6 Salute, Component 1: Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale;

VISTA la Riforma sulle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e rete nazionale della salute, ambiente e clima nell’ambito del PNRR (M6C1-1 “Riforma 1: Definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale) che prevede la definizione di standard strutturali, organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale e il sistema di prevenzione salute ambiente e clima e l’identificazione delle strutture ad essa deputate, che intende perseguire una nuova strategia sanitaria, sostenuta dalla definizione di un adeguato assetto istituzionale ed organizzativo, che consenta al Paese di conseguire standard qualitativi di cura adeguati, in linea con i migliori paesi europei e che consideri, sempre più, il SSN come parte di un più ampio sistema di welfare comunitario secondo un approccio one health e con una visione olistica ("Planetary Health");

VISTO il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 15 luglio 2021 con cui sono state individuate per ciascuno degli investimenti del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) di competenza del Ministero della salute, attraverso le schede di progetto, gli obiettivi iniziali, intermedi e finali, nonché le relative modalità di monitoraggio;

VISTO il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 6 agosto 2021, recante “Assegnazione delle risorse finanziarie previste per l'attuazione degli interventi del piano Nazionale di Riprese e Resilienza (PNRR) e ripartizione di traguardi e obiettivi per scadenze semestrali di rendicontazione”;

VISTO il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 novembre 2021, recante modifiche alla Tabella A del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 6 agosto 2021 di assegnazione delle risorse finanziarie previste per l’attuazione degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e ripartizione di traguardi e obiettivi per scadenze semestrali di rendicontazione;

VISTO l’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021;

VISTO altresì l’articolo 1, il comma163, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021;

VISTO il decreto del Ministro della salute 20 gennaio 2022 recante la ripartizione delle risorse alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e di Bolzano per i progetti del Piano nazionale di Ripresa e resilienza e del Piano per gli Investimenti Complementari;

DATO ATTO che il documento tecnico è stato redatto con il coordinamento di Agenas, nell’ambito dei gruppi di lavoro istituiti dalla Cabina di regia del Patto per la Salute 2019-2021;

RITENUTO necessario, per le finalità sopra individuate, anche al fine di garantire la tutela della salute, di cui all'articolo 32 della Costituzione, procedere alla definizione, in modo uniforme per l'intero territorio nazionale, degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture sanitarie dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico;

ACQUISITA l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del........;

UDITO il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.......;

VISTA la nota prot. n....., con la quale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, lo schema di regolamento è stato comunicato alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

ADOTTA
il seguente regolamento:

Art. 1

(Standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza territoriale)

  1. Gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico sono individuati nell'Allegato 1 che costituisce parte integrante del presente decreto.

  2. Le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento ad adottare il provvedimento generale di programmazione dell’Assistenza territoriale ai sensi del presente provvedimento.

  3. Le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare l’organizzazione dell’assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al presente decreto, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR.

    Art. 2. (Monitoraggio)

  1. Il monitoraggio semestrale degli standard previsti dal presente Regolamento è assicurato dal Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas).

  2. L’Agenas, procederà ad elaborare una relazione, che invierà al Ministero della salute semestralmente sullo stato di implementazione, in ogni singola regione e provincia autonoma di Trento e di Bolzano, degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico.

  3. Ai fini del monitoraggio degli standard dell'assistenza territoriale, relativamente ai livelli essenziali di assistenza, si rinvia all’Allegato I del decreto del Ministro della salute e del Ministro dell’economia e delle finanze concernente il "Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria" del 12 marzo 2019, ai sensi dell’articolo 5 del medesimo decreto.

  4. La verifica di attuazione del presente Regolamento costituisce adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del servizio sanitario nazionale ai fini e per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prorogato a decorrere dal 2013 dall'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ed è effettuata nell’ambito del Comitato permanete per la verifica dell’erogazione dei LEA di cui all’articolo 9 dell’intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano sancita in data 23 marzo 2005.

1.

Art. 3.
(Regioni a statuto speciale e province autonome)

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano applicano il presente decreto compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione e, per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono autonomamente al finanziamento del Servizio sanitario regionale esclusivamente con fondi del proprio bilancio, compatibilmente con le peculiarità demografiche e territoriali di riferimento nell'ambito della loro autonomia organizzativa.

2. Con riferimento ai progetti di investimento della Missione 6 le stesse regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono anche con le risorse del Piano nazionale di Ripresa e resilienza loro assegnate.

Art. 4.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano il presente decreto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e nell'ambito della cornice finanziaria programmata per il Servizio sanitario nazionale ivi ricomprendendo le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il presente decreto, sarà inviato agli organi di controllo secondo la normativa vigente e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

IL MINISTRO DELLA SALUTE IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

0000210-23/02/2022-UMPNRR-MDS-A - Allegato Utente 2 (A02)
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Allegato 1

Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel

Servizio Sanitario Nazionale

SOMMARIO

  1. PREMESSA ......................................................................................................................................................... 3

  2. SVILUPPO DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE NEL SSN ......................................................................................... 4

  3. STRATIFICAZIONE DELLA POPOLAZIONE E DELLE CONDIZIONI DEMOGRAFICHE DEI TERRITORI COME

STRUMENTO DI ANALISI DEI BISOGNI, FINALIZZATA ALLA PROGRAMMAZIONE E ALLA PRESA IN CARICO ................. 6

  1. DISTRETTO: FUNZIONI E STANDARD ORGANIZZATIVI ...................................................................................... 13

  2. CASA DELLA COMUNITÀ ......................................................................................................................... 16

  3. INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITÀ ........................................................................................... 22

  4. UNITÀ DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE .............................................................................................. 24

  5. CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE ............................................................................................. 25

  6. CENTRALE OPERATIVA 116117 ............................................................................................................... 27

  7. ASSISTENZA DOMICILIARE .................................................................................................................... 29

  8. OSPEDALE DI COMUNITÀ ........................................................................................................................ 31

  9. RETE DELLE CURE PALLIATIVE............................................................................................................ 35

  10. SERVIZI PER LA SALUTE DEI MINORI, DELLE DONNE, DELLE COPPIE E DELLE FAMIGLIE. 37

  11. PREVENZIONE IN AMBITO SANITARIO, AMBIENTALE E CLIMATICO ......................................... 39

  12. TELEMEDICINA .......................................................................................................................................... 43

  13. SISTEMI INFORMATIVI E DI QUALITA’ ................................................................................................ 46

2

1. PREMESSA

Il presente documento costituisce la Riforma di settore del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - M6C1-1 - Riforma 1: Definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale - volta a definire modelli e standard relativi all’assistenza territoriale, alla base degli interventi previsti dalla Component 1 della Missione 6 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” del PNRR.

La cornice del PNRR, si è inoltre arricchita dell’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 recante “

, di accompagnamento al percorso di implementazione per gli anni 2022-2026 e a regime degli standard di cui al presente documento

autorizzata

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Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022

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e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”

riferimento al personale dipendente e al personale convenzionato, e nel quale è stata

valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la spesa di 90,9 milioni di euro per l'anno

, con

,a

2022, di 150,1 milioni di euro per l'anno 2023, di 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, di 591,5

milioni di euro per l'anno 2025 e di 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026. La citata

norma dispone che la predetta autorizzazione di spesa decorre dalla data di entrata in vigore del

presente Regolamento e che con successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il

Ministro dell'economia e delle finanze, le predette somme siano ripartite fra le regioni e le province

autonome in base ai criteri definiti dal medesimo decreto anche tenendo conto degli obiettivi previsti

dal PNRR1.

La medesima legge n. 234/2021ha previsto un complesso intervento inerente i Livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) e gli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) al fine di favorire l’integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali ferme restando le rispettive competenze e ferme restando le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza.

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1a

rticolo 1 - comma 274: Al fine di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e

tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per il potenziamento dell'assistenza territoriale, con riferimento ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente, da reclutare anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente limitatamente alla spesa eccedente i predetti vincoli, e per quello convenzionato, è autorizzata la spesa massima di 90,9 milioni di euro per l'anno 2022, 150,1 milioni di euro per l'anno 2023, 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, 591,5 milioni di euro per l'anno 2025 e 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. La predetta autorizzazione decorre dalla data di entrata in vigore del regolamento per la definizione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi, tecnologici e omogenei per l'assistenza territoriale, da adottare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2022. Con successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al primo periodo sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base ai criteri definiti con il

medesimo decreto anche tenendo conto degli obiettivi previsti dal PNRR.

Articolo 1, commi da 159 a 171, della legge n. 234/2021.

3

2. SVILUPPO DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE NEL SSN

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), uno dei primi al Mondo per qualità e sicurezza, istituito con la legge n. 833 del 1978, si basa, su tre principi fondamentali: universalità, uguaglianza ed equità. Il perseguimento di questi principi richiede un rafforzamento della sua capacità di operare come un sistema vicino alla comunità, progettato per le persone e con le persone.

In tale ottica e contesto si inserisce la necessità di potenziare i servizi assistenziali territoriali per perseguire la garanzia dei LEA, riducendo le disuguaglianze, e contestualmente costruendo un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sul territorio nazionale.

L’Assistenza Primaria rappresenta la prima porta d’accesso ad un servizio sanitario. Essa rappresenta infatti l’approccio più inclusivo, equo, conveniente ed efficiente per migliorare la salute fisica e mentale degli individui, così come il benessere della società. La Direzione Generale della Commissione Salute Europea (DG SANCO), nel 2014, definisce l’Assistenza Primaria come:

l’erogazione di servizi universalmente accessibili, integrati, centrati sulla persona in risposta alla maggioranza dei problemi di salute del singolo e della comunità nel contesto di vita. I servizi sono erogati da équipe multiprofessionali, in collaborazione con i pazienti e i loro caregiver, nei contesti più prossimi alla comunità e alle singole famiglie, e rivestono un ruolo centrale nel garantire il coordinamento e la continuità dell’assistenza alle persone”.

Il SSN persegue, pertanto, questa visione mediante la pianificazione, il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi territoriali, in particolare:

  • -  attraverso lo sviluppo di strutture di prossimità, come le Case della Comunità, quale punto di riferimento per la risposta ai bisogni di natura sanitaria, sociosanitaria a rilevanza sanitaria per la popolazione di riferimento;

  • -  attraverso il potenziamento delle cure domiciliari affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell’assistenza;

  • -  attraverso l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale e lo sviluppo di équipe multiprofessionali che prendano in carico la persona in modo olistico, con particolare attenzione alla salute mentale e alle condizioni di maggiore fragilità ("Planetary Health");

  • -  con logiche sistematiche di medicina di iniziativa e di presa in carico, attraverso la stratificazione della popolazione per intensità dei bisogni;

  • -  con modelli di servizi digitalizzati, utili per l’individuazione delle persone da assistere e per la gestione dei loro percorsi, sia per l’assistenza a domicilio, sfruttando strumenti di telemedicina e telemonitoraggio, sia per l’integrazione della rete professionale che opera sul territorio e in ospedale;

  • -  attraverso la valorizzazione della co-progettazione con gli utenti;

  • -  attraverso la valorizzazione della partecipazione di tutte le risorse della comunità nelle diverse forme e attraverso il coinvolgimento dei diversi attori locali (Aziende Sanitarie Locali, Comuni e loro Unioni, professionisti, pazienti e loro caregiver, associazioni/organizzazioni del Terzo Settore, ecc.).

4

In questo ambito le farmacie convenzionate con il SSN ubicate uniformemente sull’intero territorio nazionale, costituiscono presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale.

In particolare, la rete capillare delle farmacie convenzionate con il SSN assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza: in tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla c.d. “Farmacia dei Servizi” (D. Lgs. 153/2009) e l’assegnazione delle nuove funzioni tra le quali le vaccinazioni anti-Covid e antinfluenzali, la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica. Quanto appena descritto, circa le attività svolte dalle farmacie, si innesta integralmente con le esigenze contenute nel PNRR riguardanti l’assistenza di prossimità, l’innovazione e la digitalizzazione dell’assistenza sanitaria.

Il presente documento definisce modelli organizzativi, standard e le principali tematiche connesse agli interventi previsti nell’ambito della Missione 6 Component 1 “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” del PNRR, che sono considerate in una ottica più ampia ed integrata anche attraverso l’analisi di strumenti e ruoli trasversali propedeutici al potenziamento dell’assistenza territoriale.

5

3. STRATIFICAZIONE DELLA POPOLAZIONE E DELLE CONDIZIONI DEMOGRAFICHE DEI TERRITORI COME STRUMENTO DI ANALISI DEI BISOGNI, FINALIZZATA ALLA PROGRAMMAZIONE E ALLA PRESA IN CARICO

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La Medicina di Popolazione si pone come obiettivo la promozione della salute della popolazione di riferimento, attraverso l’utilizzo di modelli di stratificazione ed identificazione dei bisogni di salute basati sull’utilizzo di dati.

La Sanità di Iniziativa è un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche fondato su un’assistenza proattiva all’individuo dalle fasi di prevenzione ed educazione alla salute fino alle fasi precoci e conclamate della condizione morbosa.

La Stratificazione della Popolazione per profili di rischio, attraverso algoritmi predittivi, permette di differenziare le strategie di intervento per la popolazione e per la presa in carico degli assistiti sulla base del livello di rischio, di bisogno di salute e consumo di risorse.

Il Progetto di Salute è uno strumento di programmazione, gestione e verifica; associa la stratificazione della popolazione alla classificazione del “bisogno di salute” indentificando gli standard essenziali delle risposte cliniche socioassistenziali, diagnostiche, riabilitative e di prevenzione. Si attiva all’accesso della persona al SSN, tracciando, orientando e supportando la persona e i professionisti nelle fasi di transizione tra i diversi setting di cura, rende accessibili i diversi Progetti di assistenza individuale integrata (PAI) e Piani Riabilitativi Individuali (PRI) anche attraverso la Centrale Operativa Territoriale (COT) ed i sistemi di e-health. Organizza le informazioni per il Fascicolo sanitario elettronico (FSE) e permette la riprogrammazione delle attività su base periodica in seguito alle valutazioni di processo ed esito in relazione al progetto individuale di salute erogato. I PAI ed eventuali PRI così come tutta la documentazione sanitaria acquisita nell’ambito dell’assistenza territoriale del paziente contribuiscono alla composizione del Progetto di Salute di ciascun individuo.

La stratificazione della popolazione e l’analisi del bisogno di salute

La più recente normativa nazionale (articolo 7 del decreto legge n. 34/2020), sulla base della crescente disponibilità di dati digitali, pone l’attenzione sulla possibilità di sviluppare modelli predittivi, che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio per fattori di rischio, la gestione integrata di patologie croniche e di situazioni complesse.

Per essere realmente efficaci i servizi sanitari devono essere in grado di tutelare la salute dell’intera popolazione e non solo di coloro che richiedono attivamente una prestazione sanitaria. Tale approccio viene definito Medicina di Popolazione ed ha l’obiettivo di mantenere l’utenza di riferimento in condizioni di buona salute, rispondendo ai bisogni del singolo paziente in termini sia di prevenzione sia di cura. In tale ottica, particolare attenzione deve essere posta nei riguardi dei soggetti con patologie croniche, oggi sempre più diffuse in termini di incidenza e prevalenza, e per le quali il Piano Nazionale della Cronicità ha individuato le diverse fasi principali del percorso assistenziale:

  • -  valutazione del profilo epidemiologico della popolazione di riferimento (stratificazione del rischio);

  • -  valutazione delle priorità d’intervento;

  • -  definizione del profilo d’offerta più appropriata di servizi socioassistenziali;

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  • -  promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce;

  • -  presa in carico e gestione del paziente attraverso il piano di cura;

  • -  erogazione di interventi personalizzati;

  • -  valutazione della qualità delle cure erogate.

    La conoscenza del profilo epidemiologico e degli indicatori correlati con i bisogni e gli esiti di salute della popolazione assistita costituiscono un aspetto fondamentale nell’ambito del sistema di governo distrettuale. Lo sviluppo e l’implementazione di sistemi di misurazione e stratificazione della popolazione sulla base del rischio andranno, pertanto, a costituire ed alimentare una piattaforma che contiene informazioni sulle caratteristiche della popolazione assistita in un determinato territorio, sulla prevalenza di patologie croniche, sulla popolazione fragile. Tale piattaforma comprenderà altresì gli indicatori relativi alla qualità dell’assistenza sanitaria e all’aderenza alle linee guida per alcune patologie specifiche e sarà di supporto nei programmi di sorveglianza proattiva nell’ambito del piano di potenziamento dell’assistenza territoriale.

    L’adozione di un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale permetterà lo sviluppo di un linguaggio uniforme che vuole garantire equità di accesso ed omogeneità di presa in carico. La stratificazione della popolazione deve, inoltre, tendere ad una valutazione olistica dei bisogni dell’individuo, al fine di misurare il “livello di bisogno socioassistenziale” utilizzando informazioni sulla condizione clinica e sociale e su ulteriori bisogni e preferenze individuali.

    Tale modello di stratificazione, che utilizza informazioni relative ai bisogni clinici assistenziali e sociali della persona, ha la finalità di individuare interventi appropriati, sostenibili e personalizzati che vengono definiti nel Progetto di Salute. Questo strumento è di supporto nella presa in carico della persona in termini olistici ("Planetary Health") e permette non solo la gestione dei bisogni socioassistenziali ma anche di effettuare le valutazioni di processo e esito relative a ciascun individuo a prescindere dal livello di rischio. Tale approccio consente una valutazione che si articola su due livelli: quello della singola persona, con cui viene definito il Progetto di Salute e i relativi interventi; quello di popolazione, utile ai fini di programmazione e verifica dei risultati raggiunti dai servizi sanitari e sociosanitari nella comunità di riferimento. Un sistema di governance territoriale così impostato consente di individuare priorità di intervento, con particolare riferimento alla continuità delle cure a favore di individui in condizioni di cronicità/fragilità e disabilità che comportano il rischio di non autosufficienza, anche attraverso l’integrazione tra il sistema sociale e quello sanitario.

    Il Progetto di Salute è il filo conduttore che rappresenta la storia della persona e dei suoi bisogni clinico-socioassistenziali, in raccordo con i servizi sociali, seguendola prima ancora che sviluppi una patologia, dal momento in cui viene identificato come portatore di fattori di rischio o a partire dal primo contatto con il SSN, alimentando in modo coerente e tempestivo il relativo FSE. La definizione del Progetto di Salute si basa sulla valutazione costante del bisogno di salute ed implica sistemi organizzativi e gestionali in grado di valutare costantemente gli interventi clinico assistenziali e dei servizi di supporto garantendo la partecipazione di più professionisti per tutta la durata della presa in carico, senza interruzioni tra setting assistenziali e fondato sulla proattività del SSN.

    Il Progetto di Salute rappresenta, inoltre, uno strumento di programmazione, verifica e controllo della coerenza clinica e socioassistenziale della presa in carico, grazie alla definizione di azioni appropriate rispetto alle condizioni cliniche, sociali e dei bisogni assistenziali che determinano il livello di complessità del singolo caso, in un’ottica di continuità temporale con rivalutazioni periodiche.

    L’individuazione dei bisogni socioassistenziali che portano alla definizione del Progetto di Salute determina l’identificazione di un’équipe multiprofessionale minima (medico di medicina generale/pediatra di libera scelta, medico specialista ed infermiere), maggiore è la complessità

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clinico-assistenziale maggiori saranno le figure professionali coinvolte e in continua evoluzione in relazione all’evolversi della malattia ed allo stato di fragilità espressa.

Tabella 1. Cooperazione funzionale delle figure che costituiscono l’équipe multiprofessionale

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MMG/PLS Infermiere

Specialista

Psicologo Assistente Sociale

Altre professioni dell’Equipe

Referente del caso in quanto titolare del rapporto di fiducia con il singolo assistito in tutta la sua globalità e in tutte le fasi della vita.

Referente della risposta ai bisogni assistenziali e di autocura, contempla tra le sue attività la presa in carico del singolo e della sua rete relazionale, si relaziona con gli attori del processo ed è di supporto per l’assistito nelle diverse fasi della presa in carico.

Assume un ruolo di rilevanza strategica in relazione alla complessità diagnostica e terapeutica che caratterizza le fasi della malattia. In caso di cronicità multipla il ruolo potrà essere assunto dallo specialista che segue la cronicità prevalente per gravità/instabilità sulle altre e quindi questa figura potrà variare nel corso del processo.

La figura dello specialista ha un ruolo di spicco in alcune fasi centrali del processo, dove le sue competenze fanno si che assuma un ruolo di guida nella decisione clinica.

Referente delle valutazioni e risposte ai bisogni psicologici del paziente e della sua rete di supporto.

Referente della risposta ai bisogni sociali del paziente e della sua rete relazionale.

Le altre figure professionali dell’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) che durante il processo parteciperanno alla presa in carico.

I professionisti sanitari coinvolti possono assumere il ruolo di case manager nelle diverse fasi della presa in carico, in considerazione della predominanza di specifici bisogni assistenziali riconducibili alla professione di ostetrica e alle professioni sanitarie tecniche, della prevenzione e della riabilitazione.

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L’integrazione con i servizi sociali così come definita, da ultimo, dall’articolo 1, comma 163, della legge 31 dicembre 2021, n.234 rappresenta uno dei cardini del nuovo sistema di funzioni realizzato dalle case di comunità, ulteriore rispetto al Piano di zona già previsto dall’articolo 19 della legge n. 8 novembre 2000, n. 328 da definirsi a cura dei comuni, con le risorse disponibili per gli interventi sociali e sociosanitari, previa intesa con le aziende sanitarie. In tali termini, ai fini della relativa operatività, si richiamano l’intesa da sottoscriversi ai sensi dell’articolo 1, comma 163, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 e l’accordo previsto all’articolo 21, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 anche al fine di definire gli ambiti delle competenze del Servizio sanitario nazionale da un lato e de comuni dall’altro anche con riferimento agli ATS, mediante l’impiego delle risorse umane e strumentali di rispettiva competenza disponibili a legislazione vigente.

Infine, l’informatizzazione dei processi clinico-assistenziali favorisce un approccio integrato alla cura del paziente e consente di misurare e valutare l’assistenza prestata. Lo sviluppo della sanità digitale trova nella Telemedicina uno dei principali ambiti di applicazione in grado di abilitare forme di assistenza anche attraverso il ridisegno strutturale ed organizzativo della rete del SSN.

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Tabella 2. Livelli di stratificazione del rischio sulla base dei bisogni socioassistenziali

Classificazione del Condizione Bisogno/intensità Azioni (presa in bisogno di salute clinica/sociale assistenziale carico derivante)

I Livello

Persona in salute

II livello

Persona con complessità clinico assistenziale minima o limitata nel tempo

III livello

Persona con complessità clinico assistenziale media

IV livello

Persona con complessità clinico assistenziale medio-alta con o senza fragilità sociale

V livello

Persona con complessità clinico assistenziale elevata con eventuale fragilità sociale

VI livello

Persona in fase terminale

Assenza di condizioni patologiche

Assenza di cronicità/fragilità

Presenza di cronicità e/o fragilità e/o disabilità iniziale prevalentemente mono patologica perdurante nel tempo. Buona tenuta dei determinanti sociali

Presenza di cronicità/fragilità/disabilità con patologie multiple complesse con o senza determinanti sociali deficitari

Presenza di multimorbilità, limitazioni funzionali (parziale o totale non autosufficienza) con determinanti sociali deficitari perduranti nel tempo

Patologia evolutiva in fase

avanzata, per la quale non esistano più possibilità di cura

Assenza di necessità assistenziali

Utilizzo sporadico servizi (ambulatoriali, ospedalieri limitati ad un singolo episodio clinico reversibile)

Bassa/media frequenza di utilizzo dei servizi

Elevato utilizzo dei servizi sanitari e sociosanitari con prevalenti bisogni extra- ospedalieri o residenziali

Bisogni assistenziali prevalenti e continuativi di tipo domiciliare, ospedaliero, semi residenziale o residenziale

Bisogni sanitari prevalentemente palliativi

Azioni di promozione della salute

Azioni proattive di stratificazione del rischio basato su familiarità e stili di vita

Azioni coordinate semplici di presa in carico, supporto proattivo e di orientamento

Azioni coordinate complesse, integrazione tra setting assistenziali, presa in carico multiprofessionale, supporto attivo ed orientamento alla persona o al caregiver, in relazione ai bisogni socioassistenziali

Azioni coordinate complesse, integrazione tra setting assistenziali, presa in carico multiprofessionale, supporto attivo ed orientamento alla persona o al caregiver, in relazione ai bisogni socioassistenziali

Azioni coordinate complesse, integrazione tra setting assistenziali, presa in carico multiprofessionale, supporto attivo ed orientamento alla persona o al caregiver, in relazione ai bisogni socioassistenziali

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Stratificazione del rischio

Tabella 3. Il Progetto di Salute semplice e complesso, composizione e descrizione

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Progetto di Salute

Composizione

Piano di autocura

Programma terapeutico

Portfolio dell’offerta Agenda di follow-up

Piano delle attività di

e-health

Progetto di assistenza individuale integrata e Piano Riabilitativo Individuale

Piano di autocura Programma terapeutico

Portfolio dell’offerta socioassistenziale Agenda di follow-up

Piano delle attività di

e-health

Progetto di assistenza individuale integrato e Piano Riabilitativo Individuale

Budget di salute

Descrizione

Descrizione delle attività e valutazione della capacità di autocura e della competenza digitale
Prescrizione terapeutica/riabilitativa e farmacologica (contenente anche il piano terapeutico e le relative scadenze);

Valutazione dell’aderenza terapeutica, scheda di monitoraggio della compliance - Diario nutrizionale

Descrizione delle possibilità di accesso ai servizi/benefici connessi alla malattia

Valutazione degli obiettivi e dei risultati
Schedulazione degli appuntamenti per i controlli dal medico di medicina generale, delle prestazioni specialistiche e diagnostiche utili alla stadiazione di malattia e controllo delle complicanze

Attività di automonitoraggio, con dispositivi o con questionari/scale Attività di telemonitoraggio di dispositivi in remoto
Attività di telemonitoraggio con dispositivi gestiti a domicilio da operatori sanitari

Attività di teleassistenza, teleconsulto e teleriabilitazione

Eventuale definizione del Progetto di assistenza individuale integrato (PAI) e qualora necessario del Piano Riabilitativo Individuale (PRI) multidisciplinare

Valutazione della capacità di autocura e della competenza digitale Prescrizione terapeutica/riabilitativa e farmacologica (contenente anche il piano terapeutico e le relative scadenze);
Valutazione dell’aderenza terapeutica, scheda di monitoraggio della compliance - Diario nutrizionale
Descrizione delle possibilità di accesso ai servizi/benefici socioassistenziali connessi alla malattia
Valutazione degli obiettivi e dei risultati
Schedulazione degli appuntamenti per i controlli dal medico di medicina generale, delle prestazioni specialistiche e diagnostiche utili alla stadiazione di malattia e controllo delle complicanze

Attività di automonitoraggio, con dispositivi o con questionari/scale Attività di telemonitoraggio di dispositivi in remoto
Attività di telemonitoraggio con dispositivi gestiti a domicilio da operatori sanitari

Attività di teleassistenza, teleconsulto e teleriabilitazione

Definizione del Progetto di assistenza individuale integrato (PAI) e qualora necessario del Piano Riabilitativo Individuale (PRI) multidisciplinare

Valutazione delle risorse impegnate: cliniche - collegamenti tra le istituzioni/enti coinvolti

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Semplice

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Complesso

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La Sanità di Iniziativa per la personalizzazione dell'assistenza

La necessità di differenziare e contestualizzare le strategie di intervento, e quindi i percorsi assistenziali, sulla base dei differenti bisogni, risulta dirimente alla luce delle evoluzioni sociali ed epidemiologiche del Paese. Una quota rilevante della popolazione italiana?? (11,7% della popolazione ultra settantacinquenni (dati ISTAT 2020) è costituita da persone, solitamente anziane, spesso affette da più patologie croniche, le cui esigenze assistenziali sono determinate non solo da fattori legati alle condizioni cliniche, ma anche da fattori quali lo status socio-familiare e ambientale o l’accessibilità alle cure. Tali soggetti sono a rischio più elevato di utilizzo inappropriato dei servizi sanitari: accessi al Pronto Soccorso o ricovero in ospedale. Per tale ragione, la condizione di fragilità, che può precedere l’insorgenza di uno stato più grave e irreversibile, dovrebbe essere individuata precocemente, con strumenti di valutazione multidimensionali e fortemente predittivi, che integrino indicatori sanitari, sociali e sociosanitari e variabili di contesto.

La Sanità di Iniziativa è un modello assistenziale di prevenzione e di gestione delle malattie croniche orientato alla promozione della salute, che non aspetta l’assistito in ospedale o in altra struttura sanitaria, ma lo prende in carico in modo proattivo già nelle fasi precoci dell’insorgenza o dell’evoluzione della condizione morbosa. Lo scopo della Sanità di Iniziativa è la prevenzione ed il miglioramento della gestione delle malattie croniche in ogni loro stadio, dalla prevenzione primaria, alla diagnosi precoce, alla gestione clinica e assistenziale, alla prevenzione delle complicanze, attraverso il follow-up proattivo anche supportato dagli strumenti di telemonitoraggio e telemedicina, alla presa in carico globale della multimorbidità. Essa prevede un approccio di presa in carico attento alle differenze di genere ovvero lo studio dell’influenza delle differenze biologiche, socio economiche e culturali e che tenga conto di tutti gli altri aspetti psicocomportamentali che incidono sulla salute e delle fasi della vita dell’individuo durante i percorsi di diagnosi, cura, riabilitazione e che caratterizzi tutti i setting assistenziali, al pari degli ambiti di ricerca clinica e di formazione di tutti i professionisti sanitari, per facilitare diagnosi e trattamenti equi, differenziati ed efficaci appropriati.

Gli strumenti della Sanità di Iniziativa sono: la presa in carico proattiva precoce per l’individuazione delle persone a rischio di malattia, l’educazione ai corretti stili di vita, la loro presa in carico negli stadi iniziali delle patologie, la programmazione di medio-lungo periodo delle attività di assistenza, le prenotazioni delle prestazioni, il sostegno e il controllo dell’osservanza da parte dei pazienti dei programmi diagnostici-terapeutici, il coinvolgimento delle figure interessate nel processo di assistenza (es. familiari) (cd. caregiver), lo snellimento delle attività burocratico-autorizzative.

La Sanità di Iniziativa assicura all’individuo interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, investendo anche sulla prevenzione e sull’educazione alla salute. Attraverso i modelli della Sanità di Iniziativa, messi in atto dalle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e dalle Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP), i pazienti sono contattati periodicamente, al fine di migliorare gli stili di vita, diagnosticare precocemente le patologie e monitorare la comparsa e l’evoluzione delle malattie croniche e prevenire le complicanze.

Le metodologie di stratificazione della popolazione diventano strumenti fondamentali per definire le strategie e gli interventi di Sanità di Iniziativa più efficaci rispetto a quei sottogruppi di popolazione che potrebbero maggiormente beneficiarne, per ottimizzare il trattamento multidisciplinare e personalizzare l'assistenza, nel rispetto del principio di equità e di centralità del paziente e delle sue scelte, ma anche in ottica di riduzione degli interventi inappropriati e dei costi associati.

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Tutti gli strumenti di gestione del Paziente a disposizione (es. Modelli di Stratificazione, Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali, Piano di Assistenza Individuale, Piano Riabilitativo Individuale) dovrebbero essere utilizzati in un’ottica integrata per la presa in carico olistica della Persona e dei suoi bisogni socioassistenziali attraverso la definizione del Progetto di Salute ("Planetary Health").

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4. DISTRETTO: FUNZIONI E STANDARD ORGANIZZATIVI

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Distretto di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio.

La programmazione deve prevedere i seguenti standard:

- almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

- Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;

- almeno 1 Infermiere di Famiglia o Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti Tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia o Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola;

- almeno 1 Unità di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;

- 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il Distretto abbia un bacino di utenza maggiore;

- almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti.

Il Distretto è un’articolazione organizzativo-funzionale dell’Azienda sanitaria locale (ASL) sul territorio. Come previsto dalla normativa vigente, l’articolazione in distretti della ASL è disciplinata dalla legge regionale, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione/provincia autonoma, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente3.

Il Distretto costituisce il centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’ASL. È inoltre deputato, anche attraverso la Casa di Comunità, al perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, l’uniformità dei livelli di assistenza e la pluralità dell'offerta. Il Distretto garantisce inoltre una risposta assistenziale integrata sotto il profilo delle risorse, degli strumenti e delle competenze professionali per determinare una efficace presa in carico della popolazione di riferimento. Al fine di svolgere tali funzioni la conoscenza dei bisogni di salute della popolazione di riferimento risulta centrale e rientra pertanto tra le attività del Distretto.

Al Distretto, pertanto, possono essere ricondotte le seguenti funzioni:

committenza, ossia la capacità di programmare i servizi da erogare a seguito della valutazione dei bisogni dell’utenza di riferimento anche in relazione alle risorse disponibili. Il Distretto, infatti, su mandato della Direzione Generale della ASL, provvede alla programmazione dei servizi da garantire, alla pianificazione delle innovazioni organizzativo/produttive locali, alle decisioni in materia di logistica, accesso, offerta di servizi, assicurando la fruizione delle prestazioni all’utenza;

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Articolo 3-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 502/1992

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  • -  produzione, ossia la funzione di erogazione dei servizi sanitari territoriali, caratterizzata da erogazione in forma diretta o indiretta dei servizi sanitari e sociosanitari di cui all’articolo 3 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;

  • -  garanzia, ossia il compito di assicurare l’accesso ai servizi, l’equità all’utenza attraverso il monitoraggio continuo della qualità dei servizi medesimi, la verifica delle criticità emergenti nella relazione tra i servizi e tra questi e l’utenza finale.

    In particolare, l'organizzazione del Distretto, così come disciplinato dalla normativa vigente, deve garantire:

    • -  l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva, infermieri di famiglia o comunità e i presidi specialistici ambulatoriali;

    • -  il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;

    • -  l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria in raccordo con i servizi sociali territoriali se delegate dai comuni.

      A seconda dei modelli organizzativi regionali, il Distretto può quindi avere responsabilità gerarchiche dirette sulle unità operative territoriali che lo compongono. In queste tipologie di assetti organizzativi il Distretto opera sia come committente che come gestore.

      Al Distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento. Nell'ambito delle risorse assegnate, il Distretto è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio della ASL.

      Con l’obiettivo di consentire una programmazione condivisa, unitaria e coerente in relazione ai bisogni sociosanitari del territorio, il Distretto, inoltre, assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 3-quinquiedel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nonché il coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presidi ospedalieri, inserendole organicamente nel Programma delle attività territoriali. Quest’ultimo, tra l’altro, determina le risorse per l’integrazione socio- sanitaria di cui all’articolo 3 septies del predetto decreto legislativo e le quote, rispettivamente, a carico delle aziende sanitarie e dei comuni e al fine di valorizzare e integrare le risorse delle comunità di riferimento su cui insiste il Distretto, è proposto, sulla base delle risorse assegnate, dal Comitato dei sindaci dei Comuni appartenenti all’Ambito Territoriale Sociale e dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale della ASL4.

      Le Regioni e le Province autonome, in coerenza in coerenza con l’articolo 1, comma 161, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, assicurano, mediante atti di programmazione, omogeneità del modello organizzativo degli ATS.

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Articolo 3-quater, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n. 502/1992:

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c) è proposto, sulla base delle risorse

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assegnate, dal Comitato dei sindaci di distretto e dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale

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In un sistema centrato sull’approccio alla persona ed ai suoi bisogni è necessario garantire la massima integrazione delle competenze psicologiche. La Funzione aziendale serve a coordinare il complesso delle attività trasversali degli Psicologi previste dai LEA e dalla normativa vigente ai diversi livelli, valorizzando la loro funzione sanitaria. L'assistenza psicologica è assicurata e governata in ciascuna Azienda Sanitaria Locale dall’Area Funzionale di Psicologia nell’ambito della legislazione vigente.

Il Direttore di Distretto

Il Direttore del Distretto è il responsabile dell’attività di programmazione del Distretto, in termini di risposta integrata alle specifiche esigenze di salute della popolazione di riferimento, di disponibilità delle risorse, degli strumenti e delle competenze professionali. È inoltre garante del rispetto del raggiungimento degli obiettivi che gli sono stati assegnati dalla Direzione generale aziendale in materia di efficacia ed efficienza dei servizi erogati; espressione dell’orientamento alla persona, attraverso una continua attenzione agli aspetti dell’informazione, della tutela e garanzia dell’equità e della trasparenza dell’offerta, del rispetto della dignità della persona. Il Direttore del Distretto è responsabile della gestione dei percorsi assistenziali integrati di propria competenza in stretto raccordo con i servizi, professionisti del territorio e dell’ospedale.

Il Distretto e il suo Direttore acquisiscono, quindi, la funzione di garanzia attraverso la valutazione dei bisogni di salute della popolazione, la valutazione delle priorità d’azione e della sostenibilità delle scelte, l’orientamento dei livelli di produzione di attività sanitaria come richiesta alle strutture ospedaliere e territoriali, la verifica dei risultati.

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5. CASA DELLA COMUNITÀ

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La Casa della Comunità (CdC) è il luogo fisico di riferimento per la comunità su cui insiste, è un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta ad un proprio bisogno di salute. La CdC introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un’équipe multiprofessionale territoriale. Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari.

Standard:

- almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

- Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali, nel pieno rispetto del principio di prossimità. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente; alle Case della Comunità accederanno anche gli specialisti ambulatoriali.

Standard di personale per 1 Casa di Comunità hub:
- 7-11 Infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto, (Sociosanitario,

Amministrativo).

La CdC, così definita, rappresenta il modello organizzativo che rende concreta l’assistenza di prossimità per la popolazione di riferimento. È, infatti, il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale l’assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria.

La CdC è una struttura facilmente riconoscibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento, per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento dell’assistito. La CdC è una fondamentale struttura pubblica del SSN.

Essa rappresenta il luogo in cui il SSN si coordina e si integra con il sistema dei servizi sociali proponendo un raccordo intrasettoriale dei servizi in termini di percorsi e soluzioni basati sull’integrazione delle diverse dimensioni di intervento e dei diversi ambiti di competenza, con un approccio orizzontale e trasversale ai bisogni tenendo conto anche della dimensione personale dell’assistito. Costituisce un progetto di innovazione in cui la comunità degli assistiti non è solo destinataria di servizi ma è parte attiva nella valorizzazione delle competenze presenti all’interno della comunità stessa: disegnando nuove soluzioni di servizio, contribuendo a costruire e organizzare le opportunità di cui ha bisogno al fine di migliorare qualità della vita e del territorio, rimettendo al centro dei propri valori le relazioni e la condivisione.

La CdC promuove un modello di intervento integrato e multidisciplinare, in qualità di sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari. L’attività, infatti, deve essere organizzata in modo tale da permettere un’azione d’équipe tra Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali Interni – anche nelle loro forme organizzative – Infermieri di Famiglia o Comunità, altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell’ambito delle aziende sanitarie, quali ad esempio Psicologi, Ostetrici, Professionisti dell’area della

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Prevenzione, della Riabilitazione e Tecnica, e Assistenti Sociali anche al fine di consentire il coordinamento con i servizi sociali degli enti locali del bacino di riferimento. L’attività amministrativa è assicurata, anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale, da personale dedicato già disponibile a legislazione vigente nell’ambito delle aziende sanitarie, che si occupa anche delle attività di servizio di relazioni al pubblico e di assistenza all’utenza.

I medici, gli infermieri e gli altri professionisti sanitari operano anche all’interno delle CdC. In tal modo provvedono a garantire l’assistenza primaria attraverso un approccio di sanità di iniziativa e la presa in carico della comunità di riferimento, con i servizi h 12 e integrandosi con il servizio di continuità assistenziale h 24.

L’obiettivo dello sviluppo delle CdC è quello di garantire in modo coordinato:

  • -  l’accesso unitario e integrato all’assistenza sanitaria, sociosanitaria a rilevanza sanitaria in un luogo di prossimità, ben identificabile e facilmente raggiungibile dalla popolazione di riferimento;

  • -  la risposta e la garanzia di accesso unitario ai servizi sanitari, attraverso le funzioni di assistenza al pubblico e di supporto amministrativo-organizzativo ai pazienti svolte dal Punto Unico di Accesso (PUA);

  • -  la prevenzione e la promozione della salute anche attraverso interventi realizzati dall’equipe sanitaria con il coordinamento del Dipartimento di Prevenzione e Sanità Pubblica aziendale;

  • -  la presa in carico della cronicità e fragilità secondo il modello della sanità di iniziativa;

  • -  la valutazione del bisogno della persona e l’accompagnamento alla risposta più appropriata;

  • -  la risposta alla domanda di salute della popolazione e la garanzia della continuità dell’assistenza anche attraverso il coordinamento con i servizi sanitari territoriali (es. DSM, consultori, ecc.);

  • -  l’attivazione di percorsi di cura multidisciplinari, che prevedono l’integrazione tra servizi sanitari, ospedalieri e territoriali, e tra servizi sanitari e sociali;

  • -  la partecipazione della comunità locale, delle associazioni di cittadini, dei pazienti, dei caregiver.

    I principi che orientano lo sviluppo delle CdC sono l’equità di accesso e di presa in carico, secondo il modello della sanità d’iniziativa, e il principio della qualità dell’assistenza declinata nelle sue varie dimensioni (es. appropriatezza, sicurezza, coordinamento/continuità, efficienza, tempestività).

    Per rispondere alle differenti esigenze territoriali, garantire equità di accesso, capillarità e prossimità del servizio, si prevede la costituzione di una rete di assistenza territoriale formata secondo il modello hub spoke.

    Sia nell’accezione hub sia in quella spoke, la CdC costituisce l’accesso unitario fisico per la comunità di riferimento ai servizi di assistenza primaria. Entrambe, quindi, propongono un’offerta di servizi costituita da MMG, PLS, specialisti ambulatoriali interni, infermieri di famiglia o comunità, infermieri che operano nell’assistenza domiciliare, presenza di tecnologie diagnostiche di base.

    La CdC hub garantisce la presenza dei seguenti professionisti, nell’ambito di quelli disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale, e l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina e tele assistenza e relative competenze professionali:

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  • -  Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Continuità Assistenziale, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e socio sanitarie);

  • -  Presenza medica h24 - 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale;

  • -  Presenza infermieristica h12 - 7 giorni su 7;

  • -  Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario;

  • -  Punto prelievi;

  • -  Servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità con strumentazione diagnostica di

    base (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro, ecc.) anche attraverso strumenti

    di telemedicina (es. telerefertazione, ecc.);

  • -  Servizi ambulatoriali specialistici per le patologie ad elevata prevalenza (cardiologia,

    pneumologia, diabetologia, ecc.);

  • -  Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica,

    inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), ambulatori infermieristici per

    la gestione integrata della cronicità e per la risposta ai bisogni occasionali;

  • -  Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;

  • -  Servizio di assistenza domiciliare di base;

  • -  Partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione, attraverso le associazioni

    di cittadini e volontariato;

  • -  Integrazione con i servizi sociali.

    La CdC spoke garantisce, nell’ambito delle professionalità disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale, l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina:

    • -  Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie);

    • -  Presenza medica e infermieristica almeno h12 - 6 giorni su 7 (lunedì-sabato);

    • -  Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario;

    • -  Alcuni servizi ambulatoriali per patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo,

      diabetologo, ecc.);

    • -  Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica,

      inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), sia di continuità di assistenza

      sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;

    • -  Collegamento con la Casa della Comunità hub di riferimento;

    • -  Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;

    • -  Partecipazione della Comunità e valorizzazione co-produzione, attraverso le associazioni di

      cittadini, volontariato.

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Tabella 4: Servizi previsti da standard nelle Case della Comunità

Servizi

Modello Organizzativo

Casa della Comunità hub

Casa della Comunità spoke

Servizi di cure primarie erogati attraverso équipe multiprofessionali (MMG, PLS, SAI, IFeC, ecc.)

OBBLIGATORIO

Punto Unico di Accesso

OBBLIGATORIO

Servizio di assistenza domiciliare di livello base

OBBLIGATORIO

Servizi di specialistica ambulatoriale per le patologie ad elevata prevalenza

OBBLIGATORIO

Servizi infermieristici

OBBLIGATORIO

Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale

OBBLIGATORIO

Integrazione con i Servizi Sociali

OBBLIGATORIO

Partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione

OBBLIGATORIO

Collegamento con la Casa della Comunità hub di riferimento

-

OBBLIGATORIO

Presenza medica

OBBLIGATORIO H24, 7/7 gg

OBBLIGATORIO H12, 6/7 gg

Presenza infermieristica

OBBLIGATORIO H12, 7/7 gg

OBBLIGATORIO H12, 6/7 gg

FORTEMENTE RACCOMANDATO

H24, 7/7 gg

Servizi diagnostici di base

OBBLIGATORIO

FACOLTATIVO

Continuità Assistenziale

OBBLIGATORIO

FACOLTATIVO

Punto prelievi

OBBLIGATORIO

FACOLTATIVO

Servizi per la salute mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza

RACCOMANDATO

Medicina dello sport

RACCOMANDATO

Attività Consultoriali

RACCOMANDATO

Programmi di screening

FACOLTATIVO

Vaccinazioni

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FACOLTATIVO

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Tutte le strutture fisiche territoriali già esistenti devono utilmente rientrare nella progettazione della nuova geografia dei servizi e strutture territoriali e quindi delle CdC e dei servizi correlati in rete. Il piano di sviluppo dei servizi territoriali di ogni singolo contesto regionale deve quindi tendere ad una progettazione dei servizi in rete, con una precisa selezione delle infrastrutture fisiche esistenti da valorizzare, riorientare con altre vocazioni e servizi o dismettere.

Le CdC hub al fine di assicurare i servizi descritti dovranno essere dotate di 8-12 Infermieri di Famiglia o Comunità organizzati indicativamente secondo il modello di seguito descritto: 1 Coordinatore Infermieristico, 2-3 IFoC per le attività ambulatoriali, 1-2 IFoC per l’attività di triage e di valutazione dei bisogni di salute e 4-6 IFoC per l’assistenza domiciliare di base, le attività di prevenzione e teleassistenza.

Nelle CdC hub spoke, inoltre, è garantita l’assistenza medica H12 - 6 giorni su 7 attraverso la presenza dei MMG afferenti alle AFT del Distretto di riferimento. Tale attività ambulatoriale sarà aggiuntiva rispetto alle attività svolte dal MMG nei confronti dei propri assistiti e dovrà essere svolta presso la CdC hub spoke.

Il coordinamento della Casa della Comunità con i servizi territoriali

Le CdC rappresentano un nodo centrale della rete dei servizi territoriali sotto la direzione del Distretto. La loro centralità è data, sul lato del governo della domanda, dalle funzioni di sanità di iniziativa, di presa in carico, di accesso unitario, di filtro di accesso e indirizzo dei pazienti; sul lato dell’offerta dal lavoro multiprofessionale, dall’integrazione tra unità di offerta afferenti a materie e discipline diverse, dal coordinamento tra sociale e sanitario; sul lato della governance dal coinvolgimento attivo della comunità e dei pazienti.

La CdC, proprio per il suo ruolo centrale nella rete dei servizi, adotta meccanismi di coordinamento strutturali a rete in quattro direzioni:

  • -  Rete intra-CdC: costituita dalla messa in rete dei professionisti che svolgono la loro attività anche nelle forme associative che hanno sede fisica all’interno della CdC e quelle che vi sono funzionalmente collegate;

  • -  Rete inter-CdC: costituita dalla messa in rete tra CdC hub e CdC spoke al fine di contemperare le esigenze di capillarità erogativa e di prossimità con la necessità di raggiungere una massa critica per alcuni servizi a maggiore intensità specialistica e tecnologica, sia per poter rispondere in modo flessibile ai diversi contesti geografici caratterizzati da differente densità abitativa e livelli di presenza attiva degli MMG nelle strutture ambulatoriali delle CdC;

  • -  Rete territoriale: la CdC è messa in rete con gli altri settori assistenziali territoriali, quali assistenza domiciliare, ospedali di comunità, hospice e rete delle cure palliative, RSA e altre forme di strutture intermedie e servizi;

  • -  Rete territoriale integrata: la CdC è in rete con l’attività ospedaliera, anche grazie all’ausilio di piattaforme informatiche, in particolare quella specialistica ambulatoriale o di day service svolta in questo contesto. Questo può avvenire nella doppia direzione di invio di pazienti selezionati dalla CdC, per fasi di processi assistenziali e stadi di patologia che richiedono prestazioni ospedaliere e/o ambulatoriali specialistiche. Tale forma di integrazione e coordinamento ha una maggiore valenza soprattutto in merito alla gestione comune dei malati cronici più complessi e ad alto grado di instabilità, che sono soggetti a frequenti ricoveri. In tal modo sono generati

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meccanismi di condivisione delle conoscenze tra i professionisti della CdC e quelli ospedalieri, a favore anche di una maggiore articolazione delle competenze professionali all’interno della CdC.

Lo strumento attraverso cui avviene il coordinamento a rete nelle quattro direzioni è la Centrale Operativa Territoriale (COT) che opera come vettore di coordinamento e raccordo tra i nodi e i professionisti delle diverse reti.

In sintesi, la CdC, quale luogo di progettualità con e per la comunità di riferimento, svolge cinque funzioni principali:

  • -  è il luogo dove la comunità, in tutte le sue espressioni e con l’ausilio dei professionisti, interpreta il quadro dei bisogni, definendo il proprio progetto di salute, le priorità di azione e i correlati servizi;

  • -  è il luogo dove professioni integrate tra loro dialogano con la comunità e gli utenti per riprogettare i servizi in funzione dei bisogni della comunità, attraverso il lavoro interprofessionale e multidisciplinare;

  • -  è il luogo dove le risorse pubbliche vengono aggregate e ricomposte in funzione dei bisogni della comunità attraverso lo strumento del budget di comunità;

  • -  è il luogo dove la comunità ricompone il quadro dei bisogni locali sommando le informazioni dei sistemi informativi istituzionali con le informazioni provenienti dalle reti sociali.

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6. INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITÀ

L’Infermiere di Famiglia o Comunità è la figura professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera, perseguendo l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona. L’Infermiere di Famiglia o Comunità interagisce con tutti gli attori e le risorse presenti nella comunità formali e informali. L'Infermiere di Famiglia o Comunità non è solo l’erogatore di cure assistenziali, ma diventa la figura che garantisce la risposta assistenziale all’insorgenza di nuovi bisogni sanitari espressi e potenziali che insistono in modo latente nella comunità. È un professionista con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute. È coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità all’interno del sistema dell’assistenza sanitaria territoriale nei diversi setting assistenziali in cui essa si articola.

Standard:

- almeno 1 Infermiere di Famiglia o Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia o Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola.

L'introduzione dell'Infermiere di Famiglia o di Comunità (IFoC)(D.L. n. 34/2020, art. 1 c. 5) ha l'obiettivo di rafforzare il sistema assistenziale sul territorio, finalizzato a promuovere una maggiore omogeneità ed accessibilità dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria a rilevanza sanitaria, favorendo l'integrazione delle diverse figure professionali, compresa l'assistenza infermieristica di comunità. L’IFoC è un professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e comunitario che, attraverso una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito o comunità di riferimento, assicura l’assistenza infermieristica in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità (MMG/PLS, assistente sociale, professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ecc.) perseguendo l’integrazione interdisciplinare sanitaria dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona. Svolge la sua attività sul territorio, a seconda dei modelli organizzativi regionali, in collaborazione con i servizi aziendali specifici, agendo in modo proattivo per l’intercettazione precoce dei bisogni e la loro presa in carico, oltre che per la promozione di idonei stili di vita. Garantisce una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito o comunità di riferimento, fornisce prestazioni assistenziali a carattere infermieristico, nei diversi setting territoriali. Si attiva per

Articolo 1, comma

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5 del decreto legge n. 34/2020

Al fine di rafforzare i servizi infermieristici, con l'introduzione altresì dell'infermiere di famiglia o di comunità, per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti infettati da SARS-CoV-2 identificati come affetti da COVID-19, anche coadiuvando le Unità speciali di continuità assistenziale e i servizi offerti dalle cure primarie, nonché di tutti i soggetti di cui al comma 4, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono, in relazione ai modelli organizzativi regionali, utilizzare forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, con decorrenza dal 15 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, con infermieri che non si trovino in costanza di rapporto di lavoro subordinato con strutture sanitarie e socio- sanitarie pubbliche e private accreditate, in numero non superiore a otto unità infermieristiche ogni 50.000 abitanti. Per le attività assistenziali svolte è riconosciuto agli infermieri un compenso lordo di 30 euro ad ora, inclusivo degli oneri riflessi, per un monte ore settimanale massimo di 35 ore. Per le medesime finalità, a decorrere dal 1° gennaio 2021, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, possono procedere al reclutamento di infermieri in numero non superiore ad 8 unità ogni 50.000 abitanti, attraverso assunzioni a tempo indeterminato e comunque nei limiti di cui al

comma 10.

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facilitare e monitorare percorsi di presa in carico e di continuità dell’assistenza in forte integrazione con le altre figure professionali del territorio. In sintesi, l’Infermiere di Famiglia o Comunità:

  • -  collabora all’intercettazione del bisogno di salute, agendo sulla promozione, prevenzione e gestione della salute in tutte le fasce d’età;

  • -  contribuisce alla programmazione delle attività anche attraverso gli strumenti propri della gestione degli assistiti finalizzati a mantenere la popolazione in condizioni di buona salute rispondendo ai bisogni del singolo paziente sia in termini di prevenzione sia di cura delle condizioni croniche;

  • -  favorisce l’accessibilità e l’orientamento ai servizi al fine di garantire un’effettiva presa in carico della persona assistita;

  • -  promuove il coinvolgimento attivo e consapevole della comunità, organizzando processi e momenti di educazione sanitaria di gruppo in presenza o in remoto, in collaborazione con tutti i livelli e gli attori sanitari;

  • -  utilizza sistematicamente strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza.

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7. UNITÀ DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

L’Unità di Continuità Assistenziale nel limite previsto ai sensi dell’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021 n. 234 è un’équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa.

Standard:
- 1 Medico e 1 Infermiere ogni 100.000 abitanti.

L’Unità di Continuità Assistenziale (UCA) è un’équipe che afferisce al Distretto ed è composta da almeno 1 medico ed 1 infermiere che operano sul territorio di riferimento anche attraverso l’utilizzo di strumenti di telemedicina (es. televisita e teleassistenza) e in collaborazione con MMG e PLS delle AFT/UCCP. Al fine di svolgere la propria attività l’UCA può usufruire del supporto a distanza (teleconsulto) di specialisti del territorio ed ospedalieri.

L’équipe UCA può essere eventualmente integrata con altre figure professionali sanitarie, nell’ambito delle professionalità disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale.

L’UCA non sostituisce ma supporta per un tempo definito i professionisti responsabili della presa in carico del paziente e della comunità. Essa può essere attivata in presenza di condizioni clinico- assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico:

  • -  Dimissione difficile del paziente non altrimenti ricoverabile in Ospedale di Comunità o dimissibile al domicilio in Assistenza Domiciliare;

  • -  Supporto all’Assistenza Domiciliare in particolari situazioni di instabilità clinica o emergenti necessità diagnostiche/terapeutiche;

  • -  Presa in carico e follow-up dei pazienti domiciliari durante focolai epidemici, garantendo una risposta rapida e flessibile effettuando accertamenti diagnostici specifici e relativi interventi terapeutici;

  • -  Programmi di prevenzione territoriale quali ad esempio, ondate di calore, vaccinazioni domiciliari e presso le RSA/Case di Riposo per pazienti “fragili” (COVID, influenza, pneumococco, meningococco, epatiti virali, herpes zoster ecc.);

  • -  Programmi di prevenzione ed interventi mirati nelle scuole, nelle comunità difficili da raggiungere, ecc.

    L’UCA deve essere dotata di un sistema integrato comprendente una moderna infrastruttura di telemedicina collegata alle COT ed accessibile via internet al fine di garantire anche in teleconsulto l’interoperabilità della rete di consulenti collegati; deve essere dotata inoltre di strumentazione avanzata di primo livello e di una gamma completa di dispositivi medici portatili (anche diagnostici) in grado di acquisire informazioni e parametri necessari al monitoraggio delle condizioni cliniche del paziente.

    La sede operativa dell’UCA è la Casa della Comunità hub alla quale afferisce anche dal punto di vista organizzativo.

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8. CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE

La Centrale Operativa Territoriale (COT) è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.

Standard:

- 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il Distretto abbia un bacino di utenza maggiore.

- Standard di personale di 1 COT per 100.000 abitanti: 5-6 Infermieri, 1-2 unità di Personale di Supporto (Si rinvia alla relazione tecnica all’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234).

L’obiettivo della COT è quello di assicurare continuità, accessibilità ed integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

La COT assolve al suo ruolo di raccordo tra i vari servizi attraverso funzioni distinte e specifiche, seppur tra loro interdipendenti:

  • -  coordinamento della presa in carico della persona tra i servizi e i professionisti sanitari coinvolti nei diversi setting assistenziali (transizione tra i diversi setting: ammissione/dimissione nelle strutture ospedaliere, ammissione/dimissione trattamento temporaneo e/o definitivo residenziale, ammissione/dimissione presso le strutture di ricovero intermedie o dimissione domiciliare);

  • -  coordinamento/ottimizzazione degli interventi, attivando soggetti e risorse della rete assistenziale;

  • -  tracciamento e monitoraggio delle transizioni da un luogo di cura all'altro o da un livello clinico assistenziale all'altro;

  • -  supporto informativo e logistico, ai professionisti della rete assistenziale (MMG, PLS, MCA, IFeC ecc.), riguardo le attività e servizi distrettuali;

  • -  monitoraggio, anche attraverso strumenti di telemedicina, dei pazienti in assistenza domiciliare e gestione della piattaforma tecnologica di supporto per la presa in carico della persona, (telemedicina, teleassistenza, strumenti di e-health, ecc.), utilizzata operativamente dalle CdC e dagli altri servizi afferenti al Distretto, al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno.

    Tutti gli attori del sistema, personale distrettuale e ospedaliero, possono richiedere l’intervento della COT, ovvero: MMG, PLS e medici di continuità assistenziale, medici specialisti ambulatoriali interni, e altri professionisti sanitari presenti nei servizi aziendali e distrettuali nonché personale delle strutture di ricovero intermedie, residenziali e semiresidenziali.

    La COT deve essere operativa 7 giorni su 7 e deve essere dotata di infrastrutture tecnologiche ed informatiche quali ad esempio piattaforma comune integrata con i principali applicativi di gestione aziendale, software con accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e ai principali database aziendali, software di registrazione delle chiamate. Al fine di garantire un accesso alla totalità dei servizi disponibili sul territorio, nonché affrontare situazioni complesse o di emergenza, è fondamentale che la COT, a livello regionale, usufruisca di un sistema informativo condiviso e interconnesso con la Centrale Operativa Regionale 116117.

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La COT è un servizio a valenza distrettuale.

La dotazione di personale infermieristico per ogni COT dovrebbe essere di 5-6 infermieri per un Distretto standard di 100.000 abitanti. La responsabilità del funzionamento della COT, della gestione e del coordinamento del personale è affidata ad un coordinatore infermieristico aziendale.

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9. CENTRALE OPERATIVA 116117

La Centrale Operativa 116117 sede del Numero Europeo Armonizzato (NEA) per le cure mediche non urgenti offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale.

Standard:

- almeno 1 Centrale Operativa NEA 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale (se con popolazione inferiore allo standard), incrementabile sulla base della numerosità della popolazione. La Centrale Operativa 116117 raccoglie le chiamate di uno o più distretti telefonici in funzione delle dimensioni dei distretti stessi e delle modalità organizzative delle Regioni/PA.

Il Numero Europeo Armonizzato a valenza sociale 116117 è stato individuato dalla Decisione della Commissione Europea numero 116 del 15 febbraio 2007, che ha riservato l'arco di numerazione nazionale con inizio «116» ai numeri destinati a servizi armonizzati a valenza sociale, e dalla Decisione n. 884 del 30 novembre 2009, che ha riservato tale numero per il servizio di Continuità Assistenziale per le cure non urgenti. A livello nazionale con l’Accordo Stato-Regioni del 7/02/2013 e successivamente con l’Accordo Stato-Regioni del 24 novembre 2016 sono state individuate le “Linee di indirizzo sui criteri e le modalità di attivazione del Numero Europeo armonizzato a valenza sociale 116117”.

Il numero 116117 (NEA), unico a livello nazionale ed europeo, ha la funzione di facilitare l’accesso della popolazione alle cure mediche non urgenti e ad altri servizi sanitari territoriali a bassa intensità/priorità di cura, raccordandosi anche con il servizio di continuità assistenziale e di emergenza urgenza, con le Centrali Operative Territoriali e con altri servizi previsti da ciascuna Regione o Provincia Autonoma.

La Centrale Operativa NEA 116117 (CO 116117) offre un servizio diretto, per un bacino di utenza non inferiore a 1-2 milioni di abitanti, anche se la dimensione regionale deve essere considerata come quella minima, fatti salvi accordi di prossimità e la istituzione di centrali interregionali.

Il servizio è aperto, gratuito e attivo h24 7/7 giorni, e permette alla popolazione di entrare in contatto con un operatore, sanitario o tecnico-amministrativo opportunamente formato, che possa fornire assistenza, direttamente o attraverso il trasferimento di chiamata al servizio competente, a valenza sociosanitaria.

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Il numero 116117 si raccorderà con eventuali strumenti nazionali e/o territoriali finalizzati alla presa in carico di persone con fragilità.

La NEA 116117 eroga servizi:

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che garantiscono una risposta operativa con trasferimento di chiamata (servizio erogabile

-
obbligatorio) per,

prestazioni e/o consigli medici non urgenti nelle ore di apertura del servizio di Continuità

o

Assistenziale,
individuazione e trasferimento delle richieste di soccorso sanitario urgente al 118/112.

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che garantiscono la risposta di tipo informativo (servizio erogabile obbligatorio). Può essere

-
prevista anche la risposta operativa con trasferimento di chiamata (servizio consigliato) per,

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o
consigli sanitari non urgenti prima dell’orario di apertura del servizio di Continuità

Assistenziale e dopo l’orario di chiusura con eventuale inoltro della chiamata al 118, modalità di accesso alla Guardia medica turistica.

modalità di accesso a MMG/PLS anche in caso di difficoltà di reperimento,

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Altri servizi possono essere erogati dalle Regioni e Province Autonome, secondo quanto indicato

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nell’Accordo Stato-Regioni del 24 novembre 2016 (integrazione sociosanitaria, sanità pubblica,

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trasporto sanitario, ecc.).

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10. ASSISTENZA DOMICILIARE

L’Assistenza Domiciliare è un servizio a valenza distrettuale finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza.

Standard:
- 10% della popolazione over 65 da prendere in carico progressivamente.

La casa come primo luogo di cura viene individuata all’interno della programmazione sanitaria nazionale quale setting privilegiato dell’assistenza territoriale. Le cure domiciliari, nelle sue forme previste nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza, si configurano come un servizio in grado di gestire al domicilio interventi a diverso livello di intensità e complessità dell’assistenza nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato. Vanno tenute distinte le forme di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) dalle Cure Palliative Domiciliari definite come un livello essenziale specifico e denominate come Unità di Cure Palliative Domiciliari, nell’ambito delle reti locali di cure palliative per l’adulto e per il bambino. Tuttavia, tale distinzione può non essere presente a livello organizzativo aziendale nella composizione dell’équipe. Le Cure Domiciliari si articolano in un livello Base e in Cure Domiciliari Integrate (ADI di I livello, ADI di II livello, ADI di III livello) e consistono in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, diagnostici, ecc., prestati da personale sanitario e sociosanitario qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana.

Le risposte assistenziali, differenziate per intensità e complessità, sono programmate a seguito della Valutazione Multidimensionale e della conseguente formulazione di un Progetto di assistenza individuale integrato (PAI) che comprende, quando necessario, anche il Piano di Riabilitazione Individuale (PRI). Tale valutazione multidimensionale è effettuata dall’unità valutativa che garantisce anche la rivalutazione periodica della persona assistita e definisce criteri di dimissione o passaggio ad altri setting assistenziali. Viene inoltre assicurato il coinvolgimento degli specialisti in relazione a quanto stabilito nel PAI con il coinvolgimento di tutte le componenti dell’offerta sanitaria, del paziente e del caregiver. Il responsabile clinico del paziente è il Medico di Medicina Generale o il Pediatra di Libera Scelta.

Le Regioni e le Province Autonome garantiscono l’accesso ai servizi sanitari, la presa in carico della persona, la valutazione multidimensionale dei bisogni e la definizione dei percorsi assistenziali integrati sotto il profilo clinico, funzionale, nonché procedure e strumenti di valutazione multidimensionale, scientificamente validati, garantendo uniformità sul proprio territorio. Al fine di individuare standard assistenziali comuni e monitorare lo sviluppo quali-quantitativo delle Cure Domiciliari, nonché caratterizzare e misurare attraverso specifici indici le condizioni di fragilità dell’assistito, è necessario definire un criterio omogeneo a livello nazionale.

La classificazione nei diversi livelli di intensità assistenziale è codificata e misurata nel flusso informativo nazionale sull’assistenza domiciliare (Sistema Informativo Assistenza Domiciliare - SIAD) attraverso il Coefficiente di Intensità Assistenziale (CIA), un indicatore che misura il rapporto tra giornate effettive di assistenza (GEA) e giornate di cura (GDC) relative al periodo di presa in carico. La complessità assistenziale è misurata attraverso l’insieme delle prestazioni erogate e dei professionisti coinvolti nel PAI. L’intensità e la complessità assistenziale consentono di misurare e caratterizzare i percorsi assistenziali erogati.

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I soggetti che erogano Cure Domiciliari devono possedere i requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi previsti per l’autorizzazione e per l’accreditamento sulla base della normativa vigente. Tali soggetti devono disporre di una sede organizzativa ed operativa per garantire l’accessibilità alle cure, il coordinamento dell’équipe assistenziale, l’integrazione tra professionisti e servizi assicurando la necessaria continuità dell’assistenza in particolare in sede di dimissione ospedaliera protetta e al fine di evitare ricoveri inappropriati. Tale integrazione deve avvenire per il tramite del Distretto che, attraverso i suoi servizi e professionisti, governa le transizioni degli assistiti tra i diversi setting assistenziali. Il servizio di Assistenza Domiciliare costituisce una delle articolazioni distrettuali con cui la Centrale Operativa Territoriale si interfaccia e raccorda attraverso piattaforme digitali che facilitino l’inserimento dei dati relativi alle persone prese in carico nel Fascicolo Sanitario Elettronico.

La dotazione di personale da definire nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, sia in termini numerici che di figure professionali coinvolte, deve essere proporzionata alla tipologia di attività erogata, in particolare: medici, infermieri, operatori delle professioni sanitarie, della riabilitazione, operatori sociosanitari, e altri professionisti sanitari necessari a rispondere ai bisogni assistenziali individuati nel PAI.

Il servizio di cure domiciliari garantisce la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 nelle modalità indicate dalla normativa nazionale e regionale vigente ivi compresi i servizi di telemedicina nelle modalità e forme previste.

Tali interventi si integrano con quelli previsti dall’articolo 1 comma 162, lettera a), della legge 20 dicembre 2021, n. 234 di competenza di ATS. In tali termini ai fini dell’operatività di tale previsione, si rimanda a quanto sarà definito dall’intesa da sottoscriversi ai sensi dell’articolo 1, comma 163, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 e a quanto sarà definito dall’accordo previsto all’articolo 21, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017, nell’ambito delle risorse umane e strumentali di rispettiva competenza del SSN e dei comuni disponibili a legislazione vigente.

Gli Indicatori di Monitoraggio dell’Assistenza Domiciliare

- % di pazienti over65 in assistenza domiciliare (considerando tutti gli assistiti di età pari o superiore a 65 anni “presi in carico” per tutte le classi di CIA)

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11. OSPEDALE DI COMUNITÀ

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L’Ospedale di Comunità (OdC) è una struttura sanitaria di ricovero che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza Territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio.

Standard:
- almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti;

- 0,4 posti letto per 1000 abitanti da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale.

Standard di personale per 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto:

- 9 Infermieri, 6 Operatori Sociosanitari, almeno 1-2 unità di Altro personale sanitario e un Medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.

L’OdC come previsto dalla normativa vigente e dagli atti concertativi di riferimento (DM n. 70/2015, Patto per la Salute 2014-2016, Piano nazionale della cronicità, Intesa Stato-Regioni del 20/02/2020), svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri e di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni assistenziali, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia più prossimi al domicilio.

L’OdC è una struttura sanitaria territoriale, rivolta a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale e/o familiare). Tali necessità possono concretizzarsi sia in occasione di dimissione da struttura ospedaliera, sia per pazienti che si trovano al loro domicilio, in questo secondo caso possono rientrare anche ricoveri brevi. L’OdC è una struttura sanitaria in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che garantiscano la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti, nonché la misurazione dei processi e degli esiti. L’OdC, così come chiarito dall’Intesa Stato-Regioni del 20/02/2020, non è ricompreso nelle strutture residenziali (articoli 29-35 del DPCM 12/01/2017 recante “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”).

L’OdC può avere una sede propria, essere collocato in una Casa della Comunità, in strutture sanitarie polifunzionali, presso strutture residenziali sociosanitarie oppure essere situato in una struttura ospedaliera, ma è riconducibile ai servizi ricompresi nell’assistenza territoriale distrettuale.

L’OdC ha un numero di posti letto di norma tra 15 e 20. É possibile prevedere l’estensione fino a due moduli e non oltre, ciascuno di norma con un numero di 15-20 posti letto, per garantire la coerenza rispetto alle finalità, ai destinatari e alle modalità di gestione.

Possono accedere all’OdC pazienti con patologia acuta minore che non necessitano di ricovero in ospedale o con patologie croniche riacutizzate che devono completare il processo di stabilizzazione clinica, con una valutazione prognostica di risoluzione a breve termine (entro 30 giorni), provenienti dal domicilio o da altre strutture residenziali, dal Pronto soccorso o dimessi da presidi ospedalieri per

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acuti. Tra gli obiettivi primari del ricovero deve essere posto anche il coinvolgimento attivo e l’aumento di consapevolezza, nonché la capacità di auto-cura dei pazienti e del familiare/caregiver, attraverso la formazione e l’addestramento alla migliore gestione possibile delle nuove condizioni cliniche e terapeutiche e al riconoscimento precoce di eventuali sintomi di instabilità.

In sintesi, le categorie principali di pazienti eleggibili sono le seguenti:

  1. a)  pazienti fragili e/o cronici, provenienti dal domicilio, per la presenza di riacutizzazione di condizione clinica preesistente, insorgenza di un quadro imprevisto, in cui il ricovero in ospedale risulti inappropriato;

  2. b)  pazienti, prevalentemente affetti da multimorbidità, provenienti da struttura ospedaliera, per acuti o riabilitativa, clinicamente dimissibili per conclusione del percorso diagnostico terapeutico ospedaliero, ma con condizioni richiedenti assistenza infermieristica continuativa;

  3. c)  pazienti che necessitano di assistenza nella somministrazione di farmaci o nella gestione di presidi e dispositivi, che necessitano di interventi di affiancamento, educazione ed addestramento del paziente e del caregiver prima del ritorno al domicilio;

  4. d)  pazienti che necessitano di supporto riabilitativo-rieducativo, il quale può sostanziarsi in: valutazioni finalizzate a proporre strategie utili al mantenimento delle funzioni e delle capacità residue (es. proposte di fornitura di ausili); supporto ed educazione terapeutica al paziente con disabilità motoria, cognitiva e funzionale; interventi fisioterapici nell’ambito di Percorsi/PDTA/Protocolli già attivati nel reparto di provenienza e finalizzati al rientro a domicilio.

I pazienti ospitati necessitano di assistenza infermieristica continuativa e assistenza medica programmata o su specifica necessità.

Gli OdC possono prevedere ambienti protetti, con posti dedicati a pazienti con demenza o con disturbi comportamentali, in quanto affetti da patologie croniche riacutizzate a domicilio o in dimissione ospedaliera. Queste strutture potrebbero ridurre l’istituzionalizzazione e l’ospedalizzazione in ambienti ospedalieri non idonei (cfr. Piano nazionale demenze approvato con accordo del 30 ottobre 2014 dalla Conferenza Unificata - Rep. Atti n.135/CSR).

In prossimità di Ospedali Pediatrici è possibile prevedere la realizzazione di OdC dedicati a pazienti pediatrici, con la responsabilità clinica del pediatra e la presenza di personale di assistenza specificamente formato e competente per tale target di pazienti.

L’accesso presso l’OdC avviene su proposta di:

  • -  medico di medicina generale;

  • -  medico di continuità assistenziale;

  • -  medico specialista ambulatoriale interno ed ospedaliero;

  • -  medico del pronto soccorso;

  • -  pediatra di libera scelta.

    Il ricovero presso l’OdC deve avere una durata non superiore a 30 giorni. Solo in casi eccezionali e comunque motivati dalla presenza di situazioni cliniche non risolte la degenza potrà prolungarsi ulteriormente.

    Per quanto non esplicitato nel presente paragrafo si rinvia all’Intesa Stato-Regioni del 20 febbraio 2020.

Responsabilità e personale

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La gestione e l’attività nell’OdC sono basate su un approccio multidisciplinare, multiprofessionale ed interprofessionale, in cui sono assicurate collaborazione ed integrazione delle diverse competenze. La responsabilità igienico sanitaria e clinica dell'OdC è in capo al medico e può essere attribuita ad un medico dipendente o convenzionato con il SSN, pertanto può essere attribuita anche a MMG/PLS purché privi di assistiti, SAI.

L’assistenza infermieristica è garantita nelle 24 ore 7 giorni su 7 con il supporto degli Operatori Sociosanitari, in coerenza con gli obiettivi del Progetto di assistenza individuale integrato (PAI) e in stretta sinergia con il responsabile clinico e gli altri professionisti sanitari e sociali coinvolti.

All’interno dell’equipe di cura è presente l’Infermiere che si occupa, in particolare, delle transizioni di cura dei pazienti assicurandone la presa in carico e la continuità assistenziale: tale infermiere si interfaccia con le Centrali Operative Territoriali e in modo da facilitare l’organizzazione dell’assistenza, e gli ausili eventualmente necessari, una volta che il paziente tornerà al domicilio.

L’assistenza medica è assicurata dai medici incaricati, nel turno diurno (8-20) deve essere garantita per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7 mentre nel turno notturno (20-8) e diurno festivo e prefestivo in forma di pronta disponibilità, anche organizzata per più strutture dello stesso territorio, con tempi di intervento conformi a quanto previsto dalle norme vigenti in materia. L’assistenza notturna è garantita anche da Medici della Continuità Assistenziale, in rapporto a specifici accordi locali, oppure da medici operanti nella struttura.

L’organizzazione dell’OdC deve garantire l’interfaccia con le diverse componenti che partecipano e realizzano la continuità dell’assistenza nell’ambito del PDTA e del PAI per ogni singolo paziente, compresi i professionisti che prescrivono e forniscono i necessari ausili ed eventualmente con i servizi sociali dei comuni.

I responsabili delle attività cliniche ed infermieristiche provvedono alla raccolta delle informazioni sanitarie per i rispettivi ambiti di competenza, utilizzando una cartella clinico - assistenziale integrata, inserita in un processo di informatizzazione integrato con il FSE.

In caso di emergenza, dovranno essere attivate le procedure previste, a livello regionale, tramite il Sistema di Emergenza Urgenza territoriale. Nel caso in cui la sede dell'OdC sia all'interno di un presidio ospedaliero potranno essere attivate le procedure d’urgenza del presidio ospedaliero.

All’interno degli OdC dovranno, inoltre, essere garantite alcune attività di monitoraggio dei pazienti, in loco o in collegamento funzionale, anche attraverso servizi di telemedicina. A supporto dell’attività di monitoraggio saranno disponibili i seguenti strumenti:

  • -  defibrillatore;

  • -  elettrocardiografo portatile/telemedicina;

  • -  saturimetro;

  • -  spirometro;

  • -  emogasanalizzatore;

  • -  apparecchio per esami POC;

  • -  ecografo;

  • -  altro.

    Al fine di realizzare anche attività di riabilitazione motoria in ogni OdC deve essere garantito l’accesso a idonei locali attrezzati, destinati alle principali attività motorie e riabilitative.

    L’ospedale di comunità come nodo della rete territoriale

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L’OdC, pur avendo un’autonomia funzionale, opera in forte integrazione con gli altri servizi sanitari, quali: la rete delle cure intermedie, i servizi di assistenza specialistica ambulatoriale, le cure domiciliari e i servizi di emergenza urgenza territoriali. A tal fine devono essere predisposte specifiche procedure operative volte a garantire la continuità assistenziale e la tempestività degli interventi necessari, valorizzando la funzione di coordinamento e raccordo garantito dalle COT.

Devono essere definiti appositi collegamenti funzionali con i servizi di supporto diagnostico specialistico.

Standard infrastrutturali

L’OdC deve essere realizzato nel rispetto dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di protezione antisismica, protezione antincendio, protezione acustica, sicurezza e continuità elettrica, sicurezza anti-infortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle radiazioni ionizzanti, barriere architettoniche, smaltimento dei rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas, materiali esplodenti (requisiti minimi strutturali e tecnologici generali di cui al DPR 14.01.1997 e s.m.i.).

L’OdC deve essere dotato di servizi generali, nonché di eventuali opportuni spazi organizzati e articolati in modo tale da garantire lo svolgimento delle seguenti funzioni: locali ad uso amministrativo, cucina e locali accessori, lavanderia e stireria, servizio mortuario. Tali servizi possono essere in comune e/o condivisi con altre strutture e/o unità di offerta.

Il percorso di accesso all’OdC deve essere privo di barriere architettoniche e consentire un passaggio agevole di letto/barella/ausili per mobilità e deambulazione. Deve essere dotato di mezzo meccanico (ascensore/elevatore) dedicato e dimensionato per permettere il trasporto almeno del letto/barella e di un accompagnatore.

Flussi informativi

Nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della Salute sarà implementato, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente il flusso informativo che consentirà di rilevare le prestazioni erogate dagli OdC.

L’OdC dovrà dotarsi del sistema informativo per la raccolta, il periodico aggiornamento e la gestione dei contenuti informativi integrati necessari al monitoraggio dell’attività clinica ed assistenziale erogata, assicurando la tempestiva trasmissione dei dati a livello regionale per l’alimentazione del debito informativo nazionale.

Gli Indicatori di Monitoraggio degli Ospedali di Comunità

- Tasso di ricovero della popolazione >75 anni
- Tasso di ricovero della popolazione <14 anni
- Tasso di ricovero in Ospedale per acuti durante la degenza in OdC - Tasso di riospedalizzazione a 90 giorni
- Degenza media in OdC
- Degenza oltre le 6 settimane (o N° di outlier)
- N. pazienti provenienti dal domicilio
- N. pazienti provenienti da ospedali

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12. RETE DELLE CURE PALLIATIVE

La rete delle cure palliative è costituita da servizi e strutture in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, domiciliare e in hospice. I servizi della rete garantiscono cure e assistenza a favore di persone affette da patologie ad andamento cronico, evolutivo e a prognosi infausta per le quali non esistono terapie o se esistono sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita.

Standard:
- 1 Unità di Cure Palliative Domiciliari (UCP – DOM) ogni 100.000 abitanti; - 1 Hospice con almeno 10 posti letto ogni 100.000 abitanti.

La legge n. 38/2010 e i successivi provvedimenti attuativi hanno definito il modello di sviluppo delle reti di cure palliative in termini di accreditamento delle strutture e delle reti, di attuazione, gestione e coordinamento dei percorsi assistenziali integrati e riconoscimento delle competenze professionali. Le cure palliative sono state caratterizzate con un approccio orientato alla presa in carico e al percorso di cura, distinguendo gli interventi per livelli di complessità ed intensità assistenziale e, in ambito domiciliare, differenziandole dall’ADI attraverso specifiche e specialistiche Unità di offerta. Nell’ambito della cornice normativa ed in considerazione delle transizioni demografiche, epidemiologiche e sociali appare sempre più necessario implementare e rafforzare l’approccio alle cure palliative in una prospettiva di integrazione e complementarietà alle terapie attive sia in ambito ospedaliero che territoriale.

La Rete Locale di Cure Palliative (RLCP) è un’aggregazione funzionale integrata delle attività di CP erogate nei diversi livelli assistenziali in un territorio, alla quale corrispondono le seguenti funzioni:

  • -  coordina e integra le CP nei diversi livelli di assistenza, in collaborazione con la Centrale Operativa Territoriale, i Punti Unici di Accesso, l’ADI e l’Assistenza Primaria;

  • -  definisce un sistema di erogazione di CP, per l’attuazione dei percorsi di presa in carico, favorendo l’integrazione dei servizi sanitari e sociali;

  • -  adotta sistemi di valutazione, miglioramento della qualità e controllo dei percorsi di cura erogati;

  • -  raccoglie e trasmette i dati al sistema informativo;

  • -  attiva percorsi formativi aziendali specifici;

  • -  partecipa a iniziative di Ricerca.

    La governance della RLCP, ai sensi della normativa vigente, è demandata a livello aziendale, attraverso l’istituzione di un organismo di coordinamento, composto da: un coordinatore di rete, referenti delle singole strutture e una rappresentanza delle associazioni di volontariato di settore.

    La rete nell’ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale agisce, pertanto, sul territorio di riferimento assicurando l’erogazione dell’assistenza:

nell’ambito di strutture di degenza ospedaliera attraverso un servizio specialistico di Medicina e Cure palliative che eroga consulenza al letto del paziente, attivazione dei percorsi di cure palliative, attività in ambito specialistico ambulatoriale e ricovero in regime diurno;

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  • -  a domicilio del paziente, attraverso il servizio di Cure Palliative Domiciliari (CPD), con la previsione di un’équipe assistenziale multiprofessionale (Unità di Cure Palliative - UCP), a supporto del medico di medicina generale, ogni 100.000 abitanti, per assicurare la continuità assistenziale h 24 per 7 giorni su 7. Tale équipe può essere, dal punto di vista organizzativo, integrata con le équipe dell’assistenza domiciliare integrata;

  • -  all’interno di strutture di ricovero dedicate, l’Hospice, con almeno 10 posti letto ogni 100.000 abitanti.

    Questi servizi devono essere garantiti sulla base dei criteri e requisiti previsti dalla normativa e dagli accordi vigenti, tra cui l’Intesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012, l’Accordo Stato-Regioni del 27 luglio 2020 (Rep. Atti n. 119/CSR e Rep. Atti n. 118/CSR) e l’Accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2021.

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13. SERVIZI PER LA SALUTE DEI MINORI, DELLE DONNE, DELLE COPPIE E DELLE FAMIGLIE

Il Consultorio Familiare è la struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti.

Standard:

- Almeno 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali. L’attività consultoriale può svolgersi all’interno delle Case della Comunità, privilegiando soluzioni logistiche che tutelino la riservatezza.

Il Consultorio Familiare (CF), nell’ambito dell’assistenza territoriale ad accesso diretto, garantisce le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, ostetriche, psicologiche e psicoterapeutiche, infermieristiche, riabilitative, alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie. Gli ambiti di attività dei CF sono quelli previsti nei Livelli Essenziali di Assistenza.

Il CF nell’ambito delle professionalità disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale garantisce tutte le prestazioni descritte nell’articolo 24 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) 12 gennaio 2017, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, ostetriche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, necessarie ed appropriate.

L’attività consultoriale è caratterizzata da un approccio multidisciplinare e olistico ("Planetary Health"), nonché da una attenzione alla complessità dello stato di salute della popolazione anche attraverso la qualità dell’accoglienza, dell’ascolto e della comunicazione e la loro capacità di realizzare programmi di promozione della salute e assistenza volti anche alla presa di consapevolezza delle persone e delle comunità.

Il principio ispiratore del lavoro del CF è quello dell’integrazione, che avviene a tutti i livelli e si configura come un presupposto fondamentale per il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Tale principio è evidente sia all’interno del CF che nel modo in cui questo si rapporta al contesto in cui opera. Il CF svolge, infatti, la propria attività in integrazione con tutti i professionisti afferenti ai servizi ospedalieri e territoriali, soprattutto con quelli dedicati alla presa in carico della persona, quelli rientranti nell’area dell’assistenza primaria e quelli diretti alla tutela della salute mentale (es. pediatri di libera scelta, psicologi delle cure primarie, neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, dipartimenti di salute mentale e dipendenze, specialisti ambulatoriali, servizi di riabilitazione).

Inoltre, l’attività del CF richiede un approccio intersettoriale in quanto, oltre al sociale, vi sono innumerevoli altri attori che posso contribuire alla produzione di benessere dell’individuo e delle comunità (es. settore scolastico, culturale, sportivo), al contenimento del disagio familiare e sociale (es. settore della giustizia, del lavoro).

Le figure professionali che possono operare nel CF sono: l’ostetrica, il medico ginecologo, lo psicologo, l’assistente sociale, l’ostetrica, l’infermiere, l’assistente sanitario e altro personale sanitario, quale ad esempio l’educatore professionale con funzioni sociosanitarie, il personale amministrativo, ed altre figure come il mediatore linguistico culturale, il mediatore familiare, il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (tnpee), il tecnico della riabilitazione psichiatrica (terp), l’assistente sanitario, l’avvocato.

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Le attività del CF devono essere definite e coordinate, sia sul piano del funzionamento interno del CF, sia sul piano dell’integrazione in rete, con gli altri servizi sanitari (territoriali e ospedalieri) e con gli altri attori della Rete Materno Infantile.

Tutte le sedi dei CF dovranno essere dotate di locali e spazi adeguati alla tipologia ed al volume delle prestazioni erogate.

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14. PREVENZIONE IN AMBITO SANITARIO, AMBIENTALE E CLIMATICO

Il Dipartimento di Prevenzione (DP), come previsto dagli articoli 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater del decreto legislativo 502/1992 e s.m., ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline.

Standard massimo di popolazione per DP = 1: 500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell’azione preventiva).

Il DP, nei limiti degli obiettivi assegnati e delle risorse attribuite, opera con riferimento al piano annuale di attività e di risorse negoziate con la Direzione Strategica nell’ambito della programmazione aziendale, al fine di garantire la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita.

Alla luce di quanto definito dal LEA “Prevenzione collettiva e sanità pubblica”, come da DPCM 12 gennaio 2017, il DP garantisce attraverso le sue articolazioni ed i suoi professionisti il supporto tecnico-scientifico alle autorità sanitarie locali in tutti gli aspetti relativi alla Sanità Pubblica ed esercita nell’ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente le seguenti funzioni:

A - Sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, inclusi i programmi vaccinali
B - Tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati
C - Sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

D - Salute animale e igiene urbana veterinaria
E - Sicurezza alimentare – Tutela della salute dei consumatori
F - Sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening, sorveglianza e prevenzione nutrizionale
G - Attività medico legali per finalità pubbliche.

A partire dalle funzioni sopramenzionate il DP, per la sua missione di supporto tecnico-scientifico alle autorità sanitarie locali e regionali, è chiamato a garantire attività trasversali quali la preparazione e risposta rapida alle crisi/emergenze di natura infettiva, ambientale, ecc.

Per adempiere a tali attività il DP:

- opera in stretto raccordo con gli enti e le agenzie che sovraintendono alla materia di volta in volta trattata; nel caso delle crisi/emergenze/crisi diventa punto di riferimento tecnico-operativo tra le autorità nazionali, regionali e locali;

- garantisce il supporto alle attività di pianificazione, programmazione, organizzazione e monitoraggio volte a promuovere la salute e prevenirne e contenerne i rischi nei diversi ambiti di vita dei singoli e delle comunità (es. contesti sociali diversi, zone agricole e industriale, aree urbane e montane, ecc.).

Nell’ambito delle attività di tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati il DP, quale parte della costituenda rete del Sistema Nazionale di Prevenzione Salute, Ambiente e Clima (SNPS), garantisce il supporto, nell’ambito delle presedette risorse disponibili, al raggiungimento dell’obiettivo “salute” nelle azioni di controllo sulle matrici ambientali attraverso interventi di analisi

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e di monitoraggio in stretto raccordo con le Agenzie del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente con l’obiettivo di identificare e valutare i rischi per la popolazione e per gli ecosistemi.

Nell’ambito del contrasto alle malattie croniche non trasmissibili, il DP agisce in stretto raccordo con il Distretto per la programmazione, attuazione, validazione e coordinamento di azioni finalizzate all’individuazione di condizioni di rischio individuali e al conseguente indirizzo a interventi mirati alla promozione della salute e/o alla presa in carico della persona. In questo contesto si inserisce la collaborazione con le Case della Comunità, i Dipartimenti di Salute mentale e delle Dipendenze ovvero gli altri servizi della rete sociosanitaria territoriale per l’invio a interventi strutturati e per la modifica dei comportamenti a rischio.

Per la piena realizzazione del suo mandato, che supera la visione “settoriale” (Accordo Stato-Regioni sulle “Linee di guida per la prevenzione sanitaria e lo svolgimento delle attività del Dipartimento di prevenzione delle Aziende sanitarie locali” Repertorio Atti n. 1493 del 25 luglio 2002), per servizi, il DP adotta un approccio basato sui principi di priorità, efficacia ed efficienza produttiva e allocativa, che necessita di una organizzazione e di una governance flessibile (multidisciplinare, multi professionale, multisettoriale), capace di aggregare intorno ad obiettivi complessi professionalità diverse, anche esterne al sistema sanitario.

Elementi cardine di tale organizzazione sono:

  • -  valutazione dell’impatto sanitario (health impact assessment) e identificazione del rischio (risk assessment health equity audit) attraverso l’uso dei dati epidemiologici e, in particolar modo, del Profilo di salute ed equità, strumento essenziale per compiere una corretta analisi dello scenario e per la definizione di bisogni e priorità di intervento;

  • -  azioni di promozione della salute, prevenzione rispetto ai determinanti della salute nel rapporto salute-ambiente, in stretto raccordo con enti locali e agenzie regionali e nazionali;

  • -  azioni di preparedness e di risposta rapida alle emergenze sanitarie di tipo infettivo, ambientale, ecc. garantendo uno stretto raccordo ed il supporto alle autorità sanitarie locali e regionali nonché alle Agenzie ed Enti a ciò deputati;

  • -  cultura e pratica di prevenzione ancorate alle prove di efficacia (efficacy ed effectivenes), equità e sostenibilità;

  • -  approccio sistemico

nell’erogazione delle prestazioni, anche al fine di favorire l’integrazione delle articolazioni del DP nella rete dei servizi sociosanitaria rilevanza sanitaria coordinata dal Distretto;

nella promozione, prevenzione e tutela della salute delle comunità avendo come riferimento gli Obiettivi di sviluppo sostenibili (SDGs) anche attraverso l’adozione della strategia “One Health” e con particolare attenzione al rapporto salute - ambiente, favorendo una stretta sinergia con le diverse articolazioni delle comunità locali, con le agenzie e le istituzioni interessate;

comunicazione come veicolo di efficacia degli interventi di promozione della salute e prevenzione, per contribuire ad incrementare l’alfabetizzazione sanitaria e lo sviluppo di competenze e capacità, per il riorientamento salutare di ambienti, contesti e stili di vita e l’adesione a programmi di prevenzione secondaria, nonché come strumento per la condivisione degli obiettivi di salute e dei criteri di priorità degli interventi a tutti i livelli della concertazione (tecnica, istituzionale e di comunità), e di fidelizzazione, di trasparenza e

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credibilità del DP;

  • -  qualità ovvero adozione e implementazione di standard e processi con valutazione degli stessi e degli esiti delle azioni rispetto agli obiettivi fissati al fine di innescare meccanismi di revisione e miglioramento continuo della efficacia, appropriatezza e qualità professionale, tecnologica, relazionale;

  • -  formazione continua degli operatori basata sulle competenze essenziali per ogni profilo professionale (core competencies) finalizzata:

al raggiungimento e mantenimento delle stesse e degli standard operativi collegati;

all’assimilazione degli elementi del metodo di lavoro (costruzione del profilo di salute, scelta delle priorità, individuazione degli interventi efficaci, programmazione, realizzazione e valutazione, di processo e di impatto) orientato alla collaborazione e alla trasversalità;

valorizzazione dell’epidemiologia e uso di dati (sistemi di sorveglianza di popolazione) ed indicatori, come strumento

di monitoraggio dello stato di salute delle comunità

di valutazione di impatto dei programmi;

di governance dei processi, anche nella direzione dell’integrazione con altre strutture e aree del sistema.

In questo contesto si inserisce la collaborazione, anche attraverso la previsione all’interno di ogni DP di esperti in tematiche che riguardano la salute l’ambiente e le loro connessioni che funga da elemento collettore presso le Case della Comunità, che prevedono tra i vari obiettivi anche quello di garantire in modo coordinato la prevenzione e promozione della salute sia attraverso interventi di comunità che individuali realizzati dall’equipe sanitarie con il coordinamento del Dipartimento di Prevenzione e Sanità Pubblica aziendale.

Le funzioni del DP direttamente afferenti alla prevenzione primaria e al controllo dei determinanti di salute di natura ambientale e climatica, operano in una rete con il coordinamento tecnico dell’Istituto Superiore di Sanità, al fine di garantire un approccio di sistema nella valutazione e controllo degli effetti delle pressioni ambientali e climatiche sul benessere delle persone e delle comunità, e nella costruzione di interventi e di scenari decisionali, con un approccio basato sulla prevenzione integrata, strettamente connesso con l’assistenza sanitaria territoriale e le Case della Comunità.

Come sancito dai Piani Nazionali della Prevenzione a partire dal 2005, l’azione del DP è sempre più multidisciplinare e intersettoriale, nell’ottica della Salute in tutte le politiche. Esso opera in raccordo con gli altri nodi della rete, estendendo gli ambiti di intervento (prevenzione universale, medicina predittiva, medicina di genere, prevenzione nella popolazione a rischio, prevenzione delle complicanze e delle recidive di malattia) attraverso una stretta interazione e integrazione (organizzativa, funzionale, operativa) nonché un utilizzo coordinato di tutte le risorse.Tale modello a rete di erogazione dei servizi favorisce la presenza capillare sul territorio delle attività di prevenzione e promozione della salute e allo stesso modo garantisce la capacità del DP di: i) intercettare precocemente la domanda di salute della popolazione e fornire adeguate risposte; ii) sviluppare strategie e strumenti di gestione etica delle risorse della comunità (stewardship); iii) promuovere consapevolezza e autodeterminazione della persona (empowerment). Questa strategia viene ulteriormente rafforzata dal PNP 2020-2025 il quale promuove un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti secondo una visione che

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considera la salute come risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente (One Health). Il Piano investendo, pertanto, nella messa a sistema in tutte le Regioni e Province autonome di programmi di prevenzione collettiva di provata efficacia e di modelli, metodologie e linee di azione basate su evidenze consolidate o su buone pratiche validate e documentate, impegna il DP ad agire con l’obiettivo di rendere esigibili, applicabili e misurabili i programmi e gli interventi previsti nel LEA Prevenzione collettiva e Sanità pubblica.

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15. TELEMEDICINA

La telemedicina è una modalità di erogazione di servizi e prestazioni assistenziali sanitarie sociosanitarie a rilevanza sanitaria a distanza, abilitata dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e utilizzata da un professionista sanitario per fornire prestazioni sanitarie agli assistiti (telemedicina professionista sanitario – assistito) o servizi di consulenza e supporto ad altri professionisti sanitari (telemedicina professionista sanitario – professionista sanitario).

La telemedicina rappresenta un approccio innovativo alla pratica sanitaria, già consolidato in diversi ambiti sanitari, consentendo - se inclusa in una rete di cure coordinate - l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, internet, software e delle reti di telecomunicazione.

La telemedicina supporta l’interazione dei diversi professionisti sanitari con l’assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure. Facilita inoltre lo scambio di informazioni tra professionisti e la collaborazione multiprofessionale e multidisciplinare sui singoli casi clinici. Implica il trasferimento di dati e informazioni, anche personali e relativi alla salute, in diversi formati (numerici, testuali, grafici, multimediali, etc.) e modalità di interazione (sincrona o asincrona).

Le diverse prestazioni e servizi di telemedicina, quali la televisita specialistica, la teleassistenza, il telemonitoraggio, la teleriabilitazione, il teleconsulto medico, la teleconsulenza medico sanitaria, o la telerefertazione, costituiscono un’opportunità e un fattore abilitante la strutturazione di modelli di gestione integrata dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria a rilevanza sanitaria, in grado di rispondere sia alle necessità dei sistemi sanitari, con particolare riferimento alla gestione della cronicità, sia, in un’ottica di medicina personalizzata, a quelle individuali del singolo assistito, così come previsto anche dal “Patto per la Salute 2019-2021”.

L’importanza del ruolo della sanità digitale e della telemedicina nel favorire i processi di presa in carico del paziente cronico, consentendo una migliore gestione domiciliare della persona, è riconosciuta anche nel Piano Nazionale della Cronicità del 2016. Del resto, l’utilizzo della telemedicina per l’erogazione di prestazioni e servizi assistenziali abilita e supporta l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 21 del DPCM del 12 gennaio 2017, nell’ambito dei percorsi assistenziali integrati e assistenza territoriale.

Lo sviluppo della telemedicina va considerato come un elemento abilitante per l’attuazione della riorganizzazione dell’assistenza territoriale, poiché può favorire:

  • -  la riduzione delle distanze tra operatori sanitari e pazienti e tra operatori sanitari stessi;

  • -  la diagnosi precoce dell’evento acuto e il tempestivo intervento per pazienti trattati a domicilio

    e/o in condizioni di emergenza;

  • -  l’efficientamento delle prestazioni assistenziali erogate in zone interne e/o disagiate con una ottimizzazione delle risorse, offrendo servizi di prossimità che aumentino l’appropriatezza e l’aderenza terapeutica;

  • -  la correlazione degli interventi per una presa in carico integrata tra ospedale e territorio, anche assicurando processi di de-ospedalizzazione, quali ad esempio le dimissioni protette;

  • -  la collaborazione tra gli operatori appartenenti alle diverse reti assistenziali ospedaliere e territoriali, consentendo una più efficace ed efficiente operatività dei gruppi di lavoro, in

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particolare per tutti quei contesti nei quali la multidisciplinarietà è elemento essenziale per una corretta presa in carico e gestione dell’assistito.

La telemedicina è dunque l’insieme di tecnologia e organizzazione che, se inclusa in una rete di cure coordinate (coordinated care), contribuisce in modo rilevante a migliorare la capacità di risposta del Servizio Sanitario Nazionale. Nel disegno di riorganizzazione dell’assistenza territoriale delineato dal presente documento, la telemedicina diviene parte integrante del progetto di salute, sia esso semplice o complesso, definito per il singolo assistito in base ai propri bisogni di salute.

Le esperienze sinora condotte dimostrano che nella presa in carico continuativa e di lungo periodo del paziente multi-patologico e/o fragile le modalità di adozione di modelli di servizio innovativi supportati dalla telemedicina sono legate strettamente alla maturità e capacità dei contesti locali e possono implicare importanti modifiche dell’operatività e delle competenze dei professionisti.

Tale visione è coerente con quanto richiamato nelle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, approvate in Conferenza Stato-Regioni il 17 dicembre 2020, in base alle quali le prestazioni ed i servizi di telemedicina sono assimilati a qualunque altra prestazione o servizio diagnostico/terapeutico/assistenziale, e come tali devono sempre rispettare tutti i diritti e gli obblighi propri di qualsiasi atto sanitario. Anche se, per quel che concerne il rapporto personale medico- paziente, le prestazioni di telemedicina non sostituiscono completamente le prestazioni assistenziali tradizionali, ma le integrano per migliorarne efficacia, efficienza, appropriatezza e sostenibilità. A tal fine le regioni e le aziende sanitarie erogano prestazioni e servizi per cui, attraverso studi comparativi, siano state scientificamente dimostrate, pari condizioni di sicurezza per gli assistiti ed i professionisti sanitari, e pari o migliori condizioni in termini di costo-efficacia rispetto alla pratica clinica tradizionale.

In coerenza con l’obiettivo di aumentare l’accessibilità e ridurre le diseguaglianze nell’accesso alle cure e garantire un approccio quanto più omogeneo possibile sul territorio, e in considerazione delle potenzialità delle moderne tecnologie ICT, i sistemi che erogano prestazioni di telemedicina, che operino a qualsiasi livello aziendale, regionale, interregionale e/o nazionale, devono:

  • -  interoperare con i diversi sistemi nazionali (ANA, NSIS, TS, PAGOPA, SPID, etc.) e regionali (FSE, CUP, etc.) a supporto dell’assistenza sanitaria, garantendo il rispetto degli standard di interoperabilità nei dati;

  • -  supportare la convergenza di processi e strutture organizzative, seppur con la necessaria flessibilità in base alle esigenze specifiche, anche superando la frammentazione tecnologica;

  • -  supportare l’attivazione di servizi di telemedicina per i singoli pazienti, in base alle indicazioni del Progetto di salute;

  • -  uniformare le interfacce e le architetture per la fruizione delle prestazioni di telemedicina, sia per l’utente che per il professionista, in un’ottica di semplificazione, fruibilità e riduzione del rischio clinico, assicurando anche l’integrazione con i sistemi di profilazione regionali/nazionali (es. SPID);

  • -  mettere a disposizione servizi strutturati in modo uniforme e con elevati livelli di sicurezza, sull’intero territorio, sviluppati con approccio modulare e che garantiscono il rispetto delle vigenti indicazioni nazionali.

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Responsabilità professionale

La responsabilità professionale nel determinare l’idoneità dell’assistito alla fruizione di prestazioni di telemedicina è in capo ai medici o per le attività di teleassistenza agli altri professionisti sanitari che, opportunamente formati all’uso delle tecnologie, operativamente erogano le prestazioni a distanza, in quanto deputati a individuare gli strumenti più idonei per il singolo paziente, in un’ottica di proporzionalità, appropriatezza, efficacia e sicurezza, nel pieno rispetto dei diritti della persona.

D’altro canto, affinché le prestazioni di telemedicina possano essere attivate, è necessaria una preventiva adesione da parte dell’assistito, che si rende disponibile al contatto telematico, all’interazione documentale e informativa con il professionista sanitario e a utilizzare i previsti sistemi di comunicazione remota, secondo le normative vigenti in tema di privacy e sicurezza.

In questo contesto, se il paziente è disponibile a ricevere la prestazione in telemedicina dal domicilio, il suo “profilo tecnologico”, ovvero la sua conoscenza e capacità d’uso degli strumenti informatici, deve diventare parte dell’anamnesi. Al variare del tipo di prestazione di telemedicina erogata, e dei relativi requisiti minimi e dispositivi accessori associati, per il singolo assistito dovrebbero essere valutati i seguenti aspetti:

  1. se sa usare o è in grado di imparare ad usare gli strumenti digitali di comunicazione (es. smartphone, tablet, computer con webcam);

  2. se può usare autonomamente tali strumenti (disabilità fisica e cognitiva potrebbero limitarne la possibilità;

  3. se può essere aiutato da un familiare o un caregiver nell’uso di tali strumenti;

  4. l’idoneità al domicilio della rete internet, degli impianti (elettrici, idraulici, ecc), degli

    ambienti e delle condizioni igienico-sanitarie.

Per i Requisiti minimi e gli Standard di servizio si rinvia alle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, approvate in Conferenza Stato Regioni il 17 dicembre 2020.

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16. SISTEMI INFORMATIVI E DI QUALITA’

Tutte le unità operative territoriali che compongono il Distretto devono essere dotate di soluzioni digitali idonee ad assicurare la produzione nativa dei documenti sanitari in formato digitale, secondo gli standard adottati a livello nazionale, e la condivisione dei dati relativi a ciascun paziente tra i diversi professionisti sanitari coinvolti nell’assistenza: ciò al fine di consentire di realizzare servizi in rete pienamente integrati. Si tratta, quindi, di rendere disponibili a ciascun Distretto, anche nell’ambito dei sistemi regionali, infrastrutture tecnologiche ed informatiche integrate e interoperabili sia con i sistemi dell’ecosistema di sanità digitale nazionali (ANA, NSIS, TS, PAGOPA, SPID, etc.) e regionali (FSE, CUP, etc.) nonché con le soluzioni di telemedicina.

I sistemi informativi del Distretto devono essere in grado di:

  1. a)  produrre i documenti nativi digitali necessari ad alimentare il Fascicolo sanitario elettronico (FSE) di ciascun assistito, anche grazie al potenziamento del FSE previsto nel PNRR;

  2. b)  integrarsi ed interoperare con la piattaforma del Sistema TS del Ministero dell’economia e delle finanze, per garantire la corretta generazione della ricetta dematerializzata (a carico del SSN e non a carico del SSN), nonché dei Piani Terapeutici Elettronici;

  3. c)  produrre i dati necessari al monitoraggio a livello nazionale dell’assistenza territoriale, al fine di assicurare la produzione nativa dei dati relativi ai flussi informativi nazionali già attivi (SDO, FAR, SIAD, EMUR, HOSPICE, ecc.), nonché assicurare la necessaria evoluzione applicativa per la produzione dei flussi informativi di prossima attivazione (riabilitazione territoriale, consultori familiari, ospedali di comunità e cure primarie); la piattaforma potrà utilizzare le componenti software (Software Developer Toolkit - SDK) messe a disposizione dal Ministero della salute, nell’ambito NSIS, per facilitare l'interoperabilità e la standardizzazione della semantica delle applicazioni IT a livello locale;

  4. d)  interoperare con il repository centrale del FSE al fine di utilizzare servizi applicativi di interesse per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione degli assistiti del Distretto;

  5. e)  interoperare con le piattaforme di telemedicina adottate a livello regionale/nazionale.

I sistemi informativi del Distretto devono essere sottoposti a certificazione da parte della Regione per assicurare il rispetto di requisiti di qualità e completezza nella produzione dei dati. Per la certificazione degli standard di produzione dei dati relativi ai punti a) e b) le Regioni/Province autonome adottano le specifiche tecniche pubblicate dal Ministero della salute.

Le strutture territoriali ed intermedie adottano standard di qualità e documentano in merito a:

  1. a)  Gestione del rischio clinico:

    • applicazione di ogni misura finalizzata alla prevenzione del rischio clinico e utilizzazione di sistemi gestionali degli eventi sentinella e delle denunce di sinistri. Ciascuna struttura adotta, altresì, in forma anonima sistemi di segnalazione dei rischi e errori e criticità organizzative

    • applicazione di liste di controllo specifiche per il contesto territoriale, in coerenza con linee di indirizzo nazionali e le raccomandazioni ministeriali;

    • effettuazione di programmi di formazione specifica;

  2. b)  Protocolli, istruzioni operative e azioni di miglioramento continuo:

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• definizione di protocolli e istruzioni operative validate formalmente e dedicate alle maggiori criticità o problemi assistenziali;

• misurazione delle prestazioni e degli esiti; • audit clinici;

c) documentazione sanitaria e consegna referti, comunicazione, informazione e partecipazione dell’assistito e dei caregiver;

d) formazione continua e interprofessionale del personale.

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RIFERIMENTI PRINCIPALI

World Health Organization. What is Primary health care? Disponibile on line https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/primary-health-care Ultimo accesso effettuato il 28 giugno 2021.

Expert Panel On Effective Ways Of Investing In Health. Definition of a frame of reference in relation to primary care with a special emphasis on financing systems and referral systems. Health and Consumers Directorate General (DG SANCO) della Commissione europea (10 luglio 2014).

Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e s. m..

Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229. Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419 e s. m..

Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012 n. 189.

Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Decreto Legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 luglio 2021, n.101.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017. Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176.

Decisione 2007/116/CE 15 febbraio 2007 che riserva l'arco di numerazione nazionale che inizia con 116 a numeri armonizzati destinati a servizi armonizzati a valenza sociale.

Accordo Stato-Regioni sancito il 07 febbraio 2013 (Rep. Atti n. 46/CSR). Linee guida di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza in rapporto alla continuità assistenziale.

Accordo Stato-Regioni sancito il 24 novembre 2016 (Rep. Atti n. 221/CSR). Linee di indirizzo sui criteri e le modalità di attivazione del numero europeo armonizzato a valenza sociale 116/117.

Intesa Stato-Regioni sancito il 20 febbraio 2020 (Rep. Atti n. 3782/CSR). Requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dell’Ospedale di Comunità.

World Health Organization. Integrating palliative care and symptom relief into primary health care. Geneva 2018.

Legge 15 marzo 2010, n. 38 e s.m.. Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.

Intesa Stato-Regioni sancita il 25 luglio 2012 (Rep. Atti n. 151/CSR). Definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore.

Legge 29 luglio 1975, n. 405. Istituzione dei consultori familiari.

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Decreto Ministeriale del 24 aprile 2000. Adozione del Progetto Obiettivo Materno-Infantile (P.O.M.I) relativo al Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000.

World Health Organization. Guideline: recommendations on digital interventions for health system strengthening. Geneva: World Health Organization; 2019.

Intesa Stato-Regioni sancita il 20 Febbraio 2014 (Rep. Atti n. 16/CSR). Telemedicina, linee d’indirizzo nazionali.

Accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni il 17 dicembre 2020 (Rep. Atti n. 215/CSR). Indicazioni nazionali per l'erogazione di prestazioni in telemedicina.

Accordo Stato-Regioni sancito il 15 settembre 2016 (Rep. Atti n. 160/CSR). Piano Nazionale della Cronicità.

Legge 31 gennaio 1996, n. 34. Disposizioni urgenti in materia di strutture e di spese del Servizio Sanitario Nazionale.

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0000210-23/02/2022-UMPNRR-MDS-A - Allegato Utente 3 (A03)

Intesa, ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il regolamento recante: “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”

LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO

Nella seduta del .....
VISTO l’articolo 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

VISTO l'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale dispone che con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

VISTA la sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 2006, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nella parte in cui prevede che il regolamento del Ministro della salute ivi contemplato, con cui sono fissati gli standard e sono individuate le tipologie di assistenza e i servizi, sia adottato “sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”, anziché “previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 sui requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private;

VISTO il decreto 2 aprile 2015 n. 70 del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze concernente il Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”;

VISTO l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni;

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 recante “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017;

VISTA l’Intesa adottata il 18 dicembre 2019 tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano concernente il “Patto per la Salute per gli anni 2019-2021”;

VISTO il decreto del 12 marzo 2019 del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze concernente il "Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria";

VISTO il decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2021 con il quale è stata costituita la Cabina di regia del Patto per la salute 2019-2021 che a sua volta ha istituito i gruppi di lavoro tecnici coordinati dalla Direzione della programmazione sanitaria e dall’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas);

VISTO il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito PNRR), approvato dal Consiglio dell’Unione Europea il 6 luglio 2021 (10160/21) in particolare la Missione 6 Salute, Component 1: Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale;

VISTA la Riforma sulle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e rete nazionale della salute, ambiente e clima nell’ambito del PNRR che prevede la definizione di standard strutturali, organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale e il sistema di prevenzione salute ambiente e clima e l’identificazione delle strutture ad essa deputate, che intende perseguire una nuova strategia sanitaria, sostenuta dalla definizione di un adeguato assetto istituzionale e organizzativo, che consenta al Paese di conseguire standard qualitativi di cura adeguati, in linea con i migliori paesi europei e che consideri, sempre più, il SSN come parte di un più ampio sistema di welfare comunitario secondo un approccio one health;

DATO ATTO che il documento tecnico è stato redatto con il coordinamento di Agenas, nell’ambito dei gruppi di lavoro istituiti dalla Cabina di regia del Patto per la Salute 2019-2021;

RITENUTO necessario, per le finalità sopra individuate, anche al fine di garantire la tutela della salute, di cui all'articolo 32 della Costituzione, procedere alla definizione, in modo uniforme per l'intero territorio nazionale, degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture sanitarie dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico;

VISTA la lettera del .... con la quale il Ministero della salute ha inviato il testo dei documenti relativi alla proposta di intesa di cui trattasi;
ACQUISITO, nel corso della seduta del .... l’assenso del Governo e delle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta di intesa in oggetto;

SANCISCE INTESA

nei termini di cui in premessa, sullo schema di schema del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il regolamento recante: “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, Allegato 1 parte integrante del presente atto;

SI CONVIENE

il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano concordano sulla proposta nei termini di seguito riportati:

1. le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento ad adottare il piano di programmazione dell’Assistenza territoriale ai sensi del suddetto provvedimento e ad

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adeguare l’organizzazione dell’assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al presente decreto, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR;

  1. le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che hanno già adottato un atto generale di programmazione dell’Assistenza territoriale provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento ad adeguare la programmazione dell’assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al presente decreto, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR;

  2. le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano trasmettono il piano di Programmazione dell’Assistenza territoriale al Ministero della salute, che, effettua la valutazione, con facoltà di richiedere integrazioni e chiarimenti, al fine di procedere all’approvazione dello stesso;

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Agricoltura sostenibile