25 novembre, 2021

#salutebenecomune: Casa della Salute CdS - un post di un anno fa ...

ultim'ora:
Recovery Plan ... Nasceranno 2564 case della comunità (nuovo nome delle case della salute), con dentro i medici convenzionati, per la presa in carico globale della persona, una ogni 24500 abitanti, e in media una per ogni aggregazione territoriale di medici di famiglia

Come spesso accade impariamo ad usare una nuova terminologia senza aver prima riflettuto abbastanza sul vero significato di una parola o di una sigla. Scegliere un nome è una operazione che spesso meriterebbe più attenzione di quanto non appaia a leggere alcune targhe che riportano nomi e sigle spesso incomprensibili. 
Mi sono convinto che per comprendere al meglio il senso di un nome attribuito ad una cosa o ad un oggetto, Casa della Salute, è utile cominciare a riflettere sul significato dei singoli termini. Casa. Salute.
Salute, e non sanità o sanitario, evidentemente si vuole richiamare quella dimensione, individuale ma anche collettiva, olistica che chiama in causa lo star bene, il benessere che, come abbiamo imparato è molto di più che la semplice assenza di malattia (sintomi e segni obiettivi di un quadro patologico definito o da definire). Uno stato di complessivo benessere che ha a che fare con un insieme di elementi che comprendono anche la dimensione psicologica e relazionale. Lo stato economico (povertà/benessere). L'ambiente di vita e di lavoro. La dimensione sociale, il sapere/potere godere di diverse opportunità capaci di produrre benessere (ascoltare la musica, leggere un libro, ... ).  
 Casa è un lemma fortemente evocativo, sicuramente non scelto a caso. La casa evoca la famiglia o meglio il gruppo di appartenenza. Sentirsi a casa significa sentire di condividere un legame forte con chi condivide lo spazio con noi. E chi è il padrone di casa ?  
Cominciando a tirare qualche filo di questo ragionare possiamo assumere come paradigma della CdS che:
- la salute è un bene comune di una comunità, oltre che lo stato di ogni singolo membro della comunità;
- la casa rappresenta uno spazio comune di una comunità che si riconosce in alcuni valori per promuovere e tutelare la salute, in particolare dei soggetti fragili. La casa ha un suo stile che è rappresentato dalla presa in carico. Quindi non prestazioni (del SSR) ma percorsi di cura personalizzati.
Una casa dalle porte aperte, alla comunità che condivide valori, e vuole contribuire al bene comune (volontariato, terzo settore). 



Terzogiornale.it

Origini e conseguenze di un virus

L’ipotesi di una fuga accidentale del Covid-19, o di un suo precedente parente stretto, da un laboratorio cinese appare del tutto plausibile. Più importante però è misurarsi con l’“ideologia trasversale” che la pandemia ha generato

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Bisogna andarci con i piedi di piombo, con la consapevolezza che si possono avanzare delle ipotesi ma che ciò che davvero è accaduto non lo sapremo mai – almeno fino a quando resterà in piedi l’attuale regime cinese, o non cominci anche al suo interno una specie di glasnost alla Gorbačëv.

La congettura è però del tutto plausibile: il virus che ci tormenta da quasi due anni potrebbe essere sfuggito accidentalmente da quel laboratorio di Wuhan in cui si pratica la manipolazione genetica dei virus, per passare poi nella popolazione, nel corso non di mesi ma di anni, adattandosi sempre più agli umani attraverso le sue mutazioni. È accertato che già dal 2013, in una grotta del sud della Cina, erano stati individuati dei pipistrelli portatori di un coronavirus molto simile al Covid-19. E si dà il caso che la ricercatrice di Wuhan Shi Zhengli (soprannominata Batwoman) studiasse proprio i pipistrelli e i loro coronavirus al fine di seguirne l’evoluzione e prevenirne gli eventuali passaggi negli esseri umani. In questo quadro – ripeto, puramente ipotetico – il famoso mercato di Wuhan, da cui l’epidemia ufficialmente avrebbe preso le mosse, sarebbe stato solo il moltiplicatore di qualcosa che avrebbe avuto la sua origine in ricerche di laboratorio.

Le origini del virus ci interessano, ovviamente, ma non sono l’aspetto principale della faccenda. Bisogna considerare infatti che, attenendosi alla biologiadarwiniana, le pandemie sono dei meccanismi di controllo delle popolazioni in caso di sovraffollamento – ed è indiscutibile che ci troviamo adesso in una fase di sovrappopolazione a livello mondiale –, e che, per soprammercato, il forsennato modello di sviluppo cui abbiamo assistito soprattutto negli scorsi decenni, favorendo i viaggi e la mobilità in genere, accresce di molto le possibilità di propagazione dei virus. In altre parole, in un modo o nell’altro – avvertono i biologi, e la cosa mi è stata confermata in una conversazione da una intelligente ricercatrice –, dobbiamo aspettarci altre pandemie perfino peggiori di quella che stiamo vivendo.

Ora, come nel passato la peste provocava una fuga verso un’irrazionale ricerca di capri espiatori (gli “untori” di manzoniana memoria), così la recente pandemia ha messo in moto un immaginario complottista sempre pronto a manifestarsi nelle salse più svariate. E sebbene questo (ho cercato di metterlo in luce in un precedente articolo) abbia più o meno apertamente una connotazione di estrema destra, è possibile ritrovarlo anche in una certa sinistra ormai priva di bussola, disposta a vedere nel capitalismo non il più ampio contesto in cui avvengono i fenomeni sociali – anche quelli che si possono definire biologico-sociali come le pandemie –, ma una sorta di onnipotente dio malvagio che opera a maggior danno degli umani. Può prendere piede allora un’ideologia trasversale (come la definisce la biologa sopra citata), in cui spinte irrazionali di destra e di sinistrasi tengono per mano, magari nella denuncia della macchinazione mondiale che avrebbe provocato la pandemia al fine di far soldi con i successivi vaccini: sicché, in ultima analisi, da un discorso ricostruttivo intorno all’eventuale défaillance di una ricerca particolare si passa alla denigrazione della ricerca scientifica in generale.

Ciò è stupido, d’accordo: ma la stupidità, come la paura che genera mostri, fa parte della vicenda umana allo stesso titolo dell’intelligenza. Dovremmo quindi seriamente interrogarci intorno alla maniera in cui sia possibile ridurne il grado attraverso una ripresa, uno sviluppo e una diffusione dello spirito critico.

Ci fu un tempo – diciamo nel Settecento e nel successivo positivismo ottocentesco – in cui sembrava che la superstizione fosse prossima a scomparire definitivamente dalla faccia della terra. Mai previsione si rivelò più sbagliata. La scienza modernanon era fatta per prendere il posto di altre credenze o costrutti mentali, ma solo per affiancarsi ad essi, in una coesistenza instabile dei diversi. Un’intelligenza critica dovrebbe anzitutto partire da questo dato di fatto. Anche perché gli imprenditori della stupidità, come quelli della paura, sono sempre pronti a tentare di trarre vantaggio – sul piano politico come su quello più vasto delle possibilità d’influenza – dalla credulità e dalla disinformazione. Che questo sia imputabile unicamente all’esplosione della comunicazione mediante Internet, è quanto meno dubbio: menzogne e falsità sono sempre state messe in circolazione più o meno ad arte, e la rete oggi non fa che moltiplicarne la diffusione.

Un illuminismo di massa su larga scala, che sarebbe l’aspirazione propria di qualsiasi volontà di spirito critico, è un obiettivo irraggiungibile. La consapevolezza che il nostro sapere possa procedere solo mediante “prova ed errore” – e attraverso ipotesi che, una volta provate, danno luogo ad altre ipotesi, in una catena infinita o addirittura indefinita – è qualcosa che non riuscirà mai ad affermarsi pienamente. Per questo mi è capitato di definire una volta l’illuminismo come una “fatica di Sisifo”, in cui la pesante pietra della ragionevolezza, una volta portata su, tende a rotolare di nuovo giù – e bisogna quindi dedicarsi incessantemente allo sforzo di sospingerla ancora in alto.

È secondo questo spirito, per il quale un’approssimazione all’infinito ha però comunque ricadute nella realtà quotidiana, che è necessario atteggiarsi sia quando si tratta delle origini del virus sia quando si prendono in esame le sue conseguenze. La irrazionalità e l’isteria di certe denunce, riflesso di un pressoché ancestrale bisogno di aggrapparsi a delle spiegazioni semplificatorie rispetto alla generale complessità dei fenomeni, ci saranno sempre. A noi il compito di contrastarle con pazienza.

25 marzo, 2021

Sostenibilità - 4 questioni da chiarire


 

    Nel valutare un investimento, sempre più frequentemente, vengono presi in considerazione anche i cosiddetti  criteri ESG. 

Criteri usati per valutare un investimento dal punto di vista ambientale, sociale e governance aziendale  


E = Environmental 
        - ...


S = Social 
       - rispetto dei diritti umani
       - attenzione alle condizioni di lavoro 
       - parità di genere 
       - rifiuto di tutte le forme di discriminazione 


G = Governance 
       - ... 
   
Tenere in considerazione questi aspetti consente di misurare le capacità delle aziende di contribuire alla sviluppo sostenibile e etico 
 
...



        per approfondimenti vedi ...

        https://quifinanza.it/green/esg-cose-significato-sostenibilita/453104/








11 marzo, 2021

Nella pandemia CoVid19 la posizione dei pezzi è da tempo determinata

https://www.ilpost.it/2021/03/09/baricco-mai-piu/?fbclid=IwAR361j6lUHOvVJOeJjhilITv4nW0mYCukJP77emOGxdmyg8617eNSwykwA0

La figura logica è chiara: se io sbaglio una serie di gesti, arriverà un momento in cui fare una cosa sbagliata sarà l’unica cosa giusta da fare. Traduciamola nel nostro contesto: quella che per brevità chiameremo intelligenza novecentesca non trova soluzioni che non siano obbligate perché quel che sta giocando è un suo finale di partita, la posizione dei pezzi è da tempo determinata da strategie decise nel secolo corso, i pezzi persi non si possono più recuperare, e la stessa postura mentale del giocatore non è adatta a giocare contro un avversario che, invece, muove con una tattica completamente nuova. (Alessandro Baricco, Il Post) 

Risultato: there is no alternative

18 febbraio, 2021

Povertà sanitaria

Draghi richiama l'attenzione su una questione spesso trascurata 

    



La povertà sanitaria  - cifre che allarmano nell'ultimo rapporto del Banco Farmaceutico 

Povertà sanitaria: cifre che allarmano nell'ultimo rapporto del Banco Farmaceutico

 10 dicembre 2020

17 febbraio, 2021

 

La partecipazione civica 

La volontà di superare la crisi del sistema rappresentativo ha dato vita a nuove forme di partecipazionedei cittadini nella gestione dell’attività amministrativa, in particolare nuove politiche di inclusione sociale, nonché di gestione e valorizzazione del territorio, attraverso modelli di collaborazione sinergica tra Comune e cittadini.
La messa in discussione del sistema rappresentativo ha altresì permesso di rileggere il testo costituzionale nell’ottica dell’accrescimento dei momenti di contatto tra Stato e cittadini, mediante il coinvolgimento di questi ultimi nella funzione pubblica: la democrazia partecipativa, quale espressione del principio di sovranità popolare, si profila come metodo democratico più efficace nell’attività della pubblica amministrazione. Ciò richiede il ridefinirsi della cittadinanza amministrativa, ora volta all’integrazione quanto più possibile del cittadino in ogni livello dell’ordinamento, attraverso una partecipazione immediata e continuativa ai processi decisionali politici ed esecutivi. In tal modo, l’individuo si lega alla comunità di appartenenza, attraverso una relazione sostanziale, e si afferma una sovranità maggiormente partecipata.
Accanto al riaffermarsi del ruolo del cittadino segue l’esigenza di rimodellare la concezione della pubblica amministrazione, che, negli ultimi anni, si è concentrata sul trinomio semplificazioneliberalizzazione e digitalizzazione, con parziale, se non totale, accantonamento della componente partecipativa.
In questo contesto, l’elaborazione di un nuovo modello di amministrazione, c.d. amministrazione condivisa, fondato su una relazione paritaria e su una concezione del singolo come portatore non solo di bisogni, ma anche di risorse per la realizzazione dell’interesse generale, è necessario per superare il modello tradizionale c.d. bipolare, in cui i soggetti pubblici sono i soli ad essere legittimati ad operare nell’interesse generale, mentre i cittadini sono per definizione in una posizione passiva, di meri destinati dell’intervento dei pubblici poteri.
Tale modello trova un riconoscimento costituzionale con la riforma del Titolo V della Costituzione, ed in particolare col principio di sussidiarietà orizzontale: quest’ultimo, essendo essenzialmente relazionale, vive laddove i cittadini si attivano con autonome iniziative per la realizzazione dell’interesse generale. In tal modo, essi non solo si adoperano per il miglioramento della comunitàdi appartenenza, ma integrano anche le risorse in possesso della pubblica amministrazione. La partecipazione alla formazione della società civile, pertanto, dà effettività al principio democratico costituzionale, quale principio guida dell’ordinamento, e trova il suo riconoscimento nei diritti inviolabili dell’uomo, nel dovere di solidarietà politicaeconomica sociale e nel principio di uguaglianza sostanziale.
Il tema della partecipazione civica è inscindibilmente legato alla teoria dei beni comuni, i quali, in virtù della loro relazione qualificata e particolare con la comunità, si prestano ad essere beni non solo preordinati a soddisfare un interesse pubblico, ma anche ancorati ed amministrati da una comunità di riferimento. In questo senso, essi rappresentano la base della democrazia partecipativa.

Limiti e prospettive nella tutela dei beni comuni

Stanti le suesposte premesse, occorre tuttavia sottolineare come le istanze partecipative dei singoli, perché adeguatamente tutelate, necessitano di essere difese dinnanzi al giudice amministrativo nel caso in cui venissero frustrate dall’amministrazione. È, infatti, strettamente attuale il problema degli interessi diffusi, propri degli individui a cui fa capo il diritto di partecipazione, nonché di chiunque abbia interesse alla salvaguardia e alla tutela dei beni comuni.
Nonostante secondo la proposta di riforma della Commissione Rodotà «alla tutela giurisdizionale dei diritti connessi alla salvaguardia e alla fruizione dei beni comuni ha accesso chiunque […]», gli interessi diffusi oggi non sono ricondotti tra le situazioni soggettive tutelabili direttamente davanti al giudice.
Innanzitutto, le stesse formulazioni degli art. 7 e 9 della legge 241 del 1990 riconoscono la rappresentanza procedimentale ai soli interessi individuali e collettivi, differenziati e qualificati. E seppur l’art. 9 consenta ai cittadini portatori di un interesse diffuso di intervenire nel procedimento, tuttavia le garanzie partecipativesono riconosciute soltanto ad associazioni e comitati strutturati. Ciò anche in tema di legittimazione processuale, dove l’interesse diffuso trova tutela come interesse collettivo. Come sottolineato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nel febbraio 2020, l’ente esponenziale non può azionare un diritto altrui, bensì può far valere una situazione propria, data dal fatto che l’interesse diffuso, presente allo stato fluido nella comunità di riferimento, si personalizza in capo all’ente divenendo un interesse suo proprio.
Uno spiraglio per ampliare la legittimazione processuale degli interessi diffusi potrebbe essere riconosciuto invocando la portata percettiva del principio di sussidiarietàorizzontale. In questa direzione, le innovazioni si riscontrano non tanto nel Consiglio di Stato, ma nei Tribunali Regionali, i quali riconoscono che dalla costituzionalizzazione del principio in esame discende il riconoscimento della legittimazione dei singoli a sindacare in sede giurisdizionale l’esercizio della funzione amministrativa, senza che sia necessaria l’intermediazione di alcun ente portatore di interessi generali.

Virginia Viale Labsus.org


09 febbraio, 2021

Gradiente sociale di salute e vaccinazione contro il Covid

La disuguaglianza sociale ha molteplici manifestazioni (il reddito, il prestigio, la partecipazione alla vita sociale e politica, l'istruzione, la sicurezza, l'ambiente, eccetera) ma non ho scrupolo alcuno nell'affermare che l'espressione più drammatica e inaccettabile è quella che investe la salute delle persone. Decenni di ricerca sul tema, soprattutto nel Regno Unito, hanno dimostrato che per qualunque indicatore di disuguaglianza si osserva un progressivo peggioramento delle condizioni di salute scendendo lungo la scala della stratificazione sociale: è quello che Michael Marmot in questo magistrale libro chiama «gradiente sociale di salute». Marmot, inglese ma con esperienze di studio e insegnamento in Australia e negli Stati Uniti, è senza dubbio il più conosciuto epidemiologo contemporaneo, nominato baronetto nel 2000 dalla Regina Elisabetta per i contributi dati alla comprensione delle disuguaglianze di salute (David Benassi). 

 https://www.researchgate.net/publication/328886802_Book_review_M_Marmot's_book_La_salute_disuguale_La_sfida_di_un_mondo_ingiusto


  • "Non è pensabile che un oligopolio di aziende private detenga il potere inattaccabile di decidere chi, quando e dove potrà vaccinarsi contro il Covid: devono cedere i brevetti che invece tengono tuttora stretti». A 78 anni il Nobel per l'economia 2001Joseph Stiglitz, il guardiano degli eccessi della globalizzazione, il profeta della lotta alle diseguaglianze, torna in trincea. (La Repubblica.it)


  • "Occorre che una sostanziale porzione dei nuovi "diritti speciali di prelievo" che il Fondo Monetario sta per emettere sia espressamente dedicato alla distribuzione dei vaccini nei Paesi più poveri, dove le campagne vaccinali sono a zero ma il Covid continua a mietere centinaia di migliaia di vittime". Jeffrey Sachs, 67 anni, economista della Columbia University. (La Repubblica.it)




27 gennaio, 2021

Lo stallo della sanità pubblica

da Scienza in rete di Eugenio Paci: 

 https://www.scienzainrete.it/articolo/copia-incolla-del-piano-pandemico-e-crisi-della-sanità-pubblica/eugenio-paci/2021-01-21 


La vicenda del Piano Pandemico italiano ...  

                                                        ... Il metodo capro espiatorio, identificato con ampia copertura mediatica, ha come risultato quello di affidare la lettura di ogni fatto alla magistratura, che si presume possa portare alla verità con l’azione giudiziaria. La nostra storia recente dimostra, a mio parere, che non è così. Il problema è assai più profondo. La crisi del sistema di sanità pubblica in Italia esiste da anni ed è sia professionale che di governance. Non si tratta solo di risorse, di certo ridotte rispetto alle aspettative, ma soprattutto di mancanza di rinnovamento tecnico, confusione politico-istituzionale e predominio di posizioni corporative. La riforma dell'istituto Superiore di Sanità, che pure era ormai necessaria, ha creato negli scorsi anni molti contrasti, soprattutto nel settore della gestione della sorveglianza epidemiologica. Al di là dei motivi specifici degli scontri, tale riforma non ha in ogni caso costituito l’avvio di una nuova struttura complessiva di governance. Uno stop politico che si è manifestato chiaramente con le dimissioni di Ricciardi, poi divenuto durante Covid-19 un consulente del Ministro Speranza, ma in primis un battitore libero della comunicazione.

Non si è, in tanti anni, affrontata in nessun modo la questione del rapporto Stato-Regioni, che non è solo questione costituzionale legata al Titolo V, ma anche inconsistenza delle reti tecnico-professionali, uno strumento operativo e di gestione cui la struttura della Conferenza Stato-Regioni non può bastare. La mancanza di una leadership di sanità pubblica, con forte autonomia e qualificazione a livello professionale e in grado di autorevolmente interagire con la politica nella gestione della pandemia, si è pesantemente sentita nella crisi Covid-19. C’è qualcosa nella conflittualità esasperata di questi anni in Italia che sembra più il portato di una stagione politica – e mediatica - che della sostanza tecnica, scientifica e professionale che deve informare una azione di sanità pubblica.

Ormai da anni, invece di interpellare la politica e le istituzioni, ci si accanisce a trovare il singolo responsabile, senza riuscire mai a confrontarsi sui programmi e sull’organizzazione o su fatti scientifici. Si cavalcano, spesso solo mediaticamente, pregiudizi, interessi corporativi o sospetti, in maniera più o meno fondata, ma sempre con grande rumore. Invece di favorire il cambiamento, si rischia di promuovere la conservazione del potere esistente o fenomeni gattopardeschi, facce nuove per pratiche antiche, che, spero, non saranno più tollerate.

La prospettiva che i fondi a prestito europei ci aprono può permettere una ripartenza, ma se non c’è chiarezza e condivisione di cosa deve essere cambiato e di come si governa la sanità pubblica rischiamo di ritrovarci ancora in questo, ormai assai paludoso, stallo. Mi auguro le società scientifiche e i diversi interessati e protagonisti della sanità pubblica siano consapevoli dell’urgenza. I dolorosi lutti li abbiamo avuti e li avremo ancora, attenzione all’ira funesta.

20 gennaio, 2021

l’infosfera un bene comune che va garantito e curato

20.01.21 - inauguration day 

Karl Popper, filosofo liberale nel suo libro “La società aperta e i suoi nemici” (1943) afferma: 

«Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi».


per approfondire VEDI: https://www.labsus.org/2021/01/social-media-e-democrazia-linfosfera-come-bene-comune/

14 gennaio, 2021

Il problema della disuguaglianza secondo Piketty

 Le soluzioni proposte da Piketty per affrontare efficacemente il problema della disuguaglianza possono essere riassunte in tre punti principali. 

In primo luogo, è fondamentale garantire un sistema educativo giusto ed equo. 

In secondo luogo, i lavoratori devono essere responsabilizzati nella gestione delle imprese, ad esempio attraverso i sistemi di diritto di voto presenti in Germania e Svezia. 

Terzo, la trasmissione della ricchezza deve essere limitata attraverso aliquote fiscali più elevate, al fine di garantire un accesso più equo alla proprietà. 

Questi problemi devono essere affrontati collettivamente, soprattutto in Europa, al fine di limitare l'elusione fiscale. 

Per concludere, la disuguaglianza è ancora un problema serio ma, secondo Piketty, dovremmo essere ottimisti. Nonostante un'impennata negli ultimi quattro decenni, la tendenza alla disuguaglianza a lungo termine sta chiaramente diminuendo e politiche fattibili possono supportare questo processo.

 

di Gael Blanchard https://www.knowledge.unibocconi.it/notizia.php?idArt=22394


10 gennaio, 2021

Un buco nero nella nostra mente



Una crisi dell’intelligenza Le complessità invisibili. 
Un enorme buco nero nella nostra mente, che ci rende invisibili le complessità del reale. Un buco nero che ci rivela al tempo stesso (e una volta di più) le debolezze del sistema di conoscenze che ci è stato inculcato. Esso ci fa tenere separato ciò che è inseparabile e ridurre a un solo elemento ciò che forma un tutto al contempo uno e molteplice; divide in compartimenti i saperi invece di connetterli; si limita a prevedere il probabile mentre emergono continuamente le complessità. È così che sono stati divisi in compartimenti il sanitario, l’economico, l’ecologico, il nazionale, il mondiale. È così che l’inatteso ha preso alla sprovvista Stati e governi. Aggiungiamo che la concezione tecno-economica predominante privilegia il calcolo come sistema di conoscenza delle realtà umane (tassi di crescita, PIL, sondaggi ecc.), mentre la sofferenza e la gioia, l’infelicità e la felicità, l’amore e l’odio sono incalcolabili. Così, non è soltanto la nostra ignoranza, ma anche la nostra conoscenza a renderci ciechi. Nel corso della crisi, le mancanze e le carenze di conoscenza e di pensiero ci confermano che abbiamo bisogno di un sistema di conoscenza e di pensiero in grado di rispondere alle sfide delle complessità e alle sfide delle incertezze. Non si può conoscere l’imprevedibile, ma se ne può prevedere l’eventualità. Non ci si deve fidare delle probabilità né dimenticare che ogni evento storico trasformatore è imprevisto." 

 

(da "Cambiamo strada: Le 15 lezioni del Coronavirus" di Edgar Morin)

06 gennaio, 2021

L’intelligenza sociale divenne un premio aggiuntivo - Percorsi di crescita individuale e non solo

Tempo di lettura 5 min.

"... qualcuno del gruppo incominciò a costruire ripari protetti, dai quali altri potevano allontanarsi per cacciare e cercare il cibo. Quando i cacciatori e i raccoglitori tornavano, il cibo veniva condiviso tra tutti i membri del gruppo. Tale adattamento portò alla cooperazione e alla suddivisione del lavoro basata su un livello relativamente elevato di intelligenza sociale.L’intelligenza sociale divenne un premio aggiuntivo." (da "Origini profonde delle società umane" di Edward O. Wilson).

Recentemente ho letto "Origini profonde delle società umane", molto interessante, l'autore riesce in maniera chiara, buona divulgazione, a ricostruire le tappe e i meccanismi evolutivi della specie umana. Lo sviluppo ha determinato la differenziazione dei compiti, alcuni si allontanano per la caccia, altri diventano stanziali.  

Divisione dei compiti, specializzazione, condivisione e cooperazione. Vantaggio dell'intera comunità.

L'intelligenza sociale come elemento costitutivo di un sistema organizzato. Attributo sia del singolo che, in qualche misura della comunità. Una competenza diffusa in grado di produrre un vantaggio (premio aggiuntivo)

Questa storia dell'intelligenza sociale debbo dire che mi ha subito intrigato, ho pensato che potevo utilizzarla come una sorta di metafora per comprendere lo sviluppo delle organizzazioni sanitarie. Agli inizi del '900, quando sono stati introdotti per la prima volta dei criteri di qualità dell'organizzazione, per rendere possibile l'integrazione di attività diverse ma ugualmente necessarie per l'assistenza dei malati, si è evidenziata la necessità di una intelligenza sociale. 

La capacità di relazionarsi con gli altri in maniera efficiente, costruttiva e socialmente compatibile. Attraverso di essa è possibile rendere piacevole la vita degli altri, anche se un suo utilizzo scorretto può portare a conseguenze negative come l'autocompiacimento e l'altrui manipolazione (Intelligenza sociale - Wikipedia).

A questo punto mi sono chiesto dove e quando nella mia esperienza di crescita professionale mi sono misurato con questa dimensione. Cosa ho imparato e da chi? Sicuramente fa parte di quelle competenze (soft skills) non rintracciabili nei saperi disciplinari. Competenze hard e competenze soft. Competenze necessarie comunque a lavorare nella complessità. 

"La crisi dovuta agli effetti della pandemia da SARS-CoV-2 come tutte le crisi globali, ha rivelato una più profonda crisi cognitiva, la più significativa crisi del nostro tempo.  La difficoltà di concepire la complessità dei problemi ha rivelato che l'ostacolo alla formulazione stessa dei problemi non sta più solo nell’ignoranza: si annida, anche e soprattutto, nella nostra conoscenza, nel modo in cui la conoscenza è prodotta e organizzata. La specializzazione disciplinare ha certo portato numerose conoscenze, ma sono spesso incapaci di cogliere i problemi rilevanti, che sono complessi.” (Mauro Ceruti - https://oneplanetschool.wwf.it/lezioni/il-tempo-della-complessità-mauro-ceruti)

Lo sviluppo professionale evidentemente è determinato da diversi fattori. Diversi saperi si usava dire una volta. Competenze cliniche, competenze organizzative.Discipline Cliniche, discipline organizzative (4 le discipline organizzative: Padronanza Personale, Modelli mentali, Visione condivisa, Apprendimento di gruppo). 

 Alcuni saperi sono legati strettamente alla persona e alla storia individuale di ciascuno. Nel corso degli anni, per quanto attiene alla mia esperienza, con pazienza, sofferenza e, talvolta reale dolore, ho incominciato via via a conoscermi, ho sviluppato una certa confidenza con me stesso. Questo mi ha dato la possibilità di relazionarmi abbastanza realisticamente con l'altro. Non che questo abbia realmente cambiato le cose, ma in qualche modo mi ha reso più concreto e in qualche caso mi ha anche aiutato a capire gli errori fatti o le difficoltà incontrate a svolgere un compito o un ruolo, un ruolo pubblico (visibile agli altri). 

Non ho simpatia, anzi trovo francamente detestabili quelle persone che non sviluppano affatto la conoscenza di se stessi, ignorano i motivi reali dei loro comportamenti relazionali, non riconoscono limiti o difficoltà proprie. Adottano la proiezione sull'altro come unico modello di funzionamento. Questo non è certamente un positivo esempio di intelligenza sociale. Ma se questo apprendimento è così legato alla persona, ma così determinante nel contesto sociale, come consentire quell'apprendimento di gruppo capace di sviluppare una competenza diffusa in grado di produrre un vantaggio (premio aggiuntivo) per tutti? 

Voglio tornare alla narrazione della mia storia di crescita professionale, chissà che non mi aiuti a fare un po più di chiarezza.

Il mio è stato, e in parte lo è ancora, un percorso non ortodosso. Non si è sviluppato in una scuola di specializzazione (cardiologia?), o in una società scientifica di riferimento. Forse per la mia incapacità  di integrarmi in un gruppo, mi sarei sentito troppo omologato. Per questo, o forse solo per caso, mi sono trovato a frequentare ambiti professionali diversi e ho avuto la possibilità di  incontrare professionisti molto dissimili tra loro.

I cliniciVerso la fine degli anni '70, li ho incontrati all'ospedale Santo Spirito di Roma, fuori dall'università. Lì ho imparato il rigore scientifico, l'Harrison, ancora non tradotto in italiano, era consultato costantemente, e i casi venivano presentati e discussi con il primario all'interno di meeting programmati con assidua costanza. Anche la scuola di cardiologia romana è stata per me sicuramente formativa, ma di questo voglio ragionarci un'altra volta.

Ho deciso di non fare il medico ospedaliero, mi sono appassionato alla psicoanalisi seguendo, per 4 anni, i seminari di psicoterapia psicoanalitica (Giannotti - Giannakoulas) a Neuro Psichiatria Infantile di via dei Sabelli, e poi ancora i seminari di medicina psicosomatica all'ospedale S. Giacomo di Roma (Scoppola).

A metà degli anni ottanta ho cominciato a dedicarmi alla formazione permanente del personale dei servizi alla persona in ambito socio-sanitario. In quel contesto ho conosciuto gli antropologi della scuola di Perugia e poi i sociologi di Roma Sapienza

Le persone. Posso definire incontri fortunati e importanti quelli che hanno determinato una relazione, una sintonia, un legame. Un apprendimento, una crescita all'interno di un percorso collettivo.

Andrea Alesini: Direttore Generale di una ASL di Roma negli anni novanta, è stato il primo, forse l'unico a tutt'oggi a Roma, ad avere una chiara idea di Distretto. Il primo che ci ha lavorato, fino a quando ha potuto, coinvolgendo gli operatori e i cittadini. Già ragionava in termini di interconnessione e di integrazione sia all'interno dell'Azienda che all'esterno.

Alessandro Seppilli e Maria Antonia Modolo: Università di Perugia. L'educazione alla salute, la promozione della salute. Il metodo della ricerca sul campo. Lo studio della comunità. La progettazione degli interventi. Gli obiettivi.

Sergio Tonelli: la metodologia della formazione continua. L'analisi organizzativa. La progettazione per obiettivi. La valutazione. La formazione all'interno di gruppi di lavoro  

Jean Jacques Guilbert: per chi si occupa di formazione in ambito sanitario è il fondatore, un gigante, un faro. Mi ricordo che quando l'ho conosciuto,  un uomo di non grande, gentile e pacato, ma assai determinato come chi si muove in un territorio conosciuto e punta alla meta. Meta che ognuno raggiunge come sa e come vuole. Leggero come il Calvino delle Lezioni Americane.

Armando Muzi: la programmazione sanitaria punto di incontro fra disposizioni normative e conoscenze epidemiologiche. L'economia sanitaria, il management.

Gigi Attenasio: quanto appreso dall'esperienza dell'antipsichiatria deve essere adattato all'intera medicina

Gianfranco Domenighetti: l'asimmetria informativa. Comunicazione e partecipazione. Il mercato della salute. La valutazione epidemiologica. 

Stefano Pompili: è possibile fare il Direttore Sanitario Aziendale. Incredibile ma vero. Un esempio di rapporti professionali non patologici

Elio Borgonovi: leggere le organizzazioni sanitarie come aziende, senza essere aziendalisti 

Roberto Vaccani: La caramella prima di Tonelli. Come nasce l'idea di analisi organizzativa in sanità 

Piero Morosini: la valutazione. Gli strumenti di valutazione  

Stefano Beccastrini: i principi di andragogia. 

Da loro ho appreso anche come sviluppare l'intelligenza sociale? Non so rispondere, ma una cosa è certa, in questi incontri mi sono sentito riconosciuto sia come professionista che come persona. Ho sentito almeno la possibilità di individuare un mio spazio dove potermi muovere con coerenza e autonomia.  

Altri al momento non li ricordo. Ho provato a darmi tempo, per ora non mi viene in mente nessun altro. Forse la prossima volta ...  







02 gennaio, 2021

Gennaio '21. Tempo di guardare indietro per andare avanti

Prossimamente.org dal 2019 ha ricominciato a funzionare con una certa regolarità. 

Sono stati pubblicati 71 post, circa 4 al mese, uno a settimana.

I post pubblicati sono stati tutti riclassificati attraverso le etichette. Le etichette attualmente in uso sono:

#partecipazione

#competenze

#one health

#leadership

#organizzazione 

Il criterio di attribuzione dell'etichetta ai vari post esprime una scelta redazionale.

I post come al solito talvolta esprimono opinioni del blogger, talvolta riportano contenuti pubblicati in altri siti. In quest'ultimo caso è sempre citata la fonte per dare la possibilità a chi è interessato di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati. 

W il 2021


Anno nuovo, questioni vecchie. Comunicazione del rischio, partecipazione, progettazione, ricovery fund

 Governanceinsieme dei princìpi, dei modi, delle procedure per la gestione e il governo di società, enti, istituzioni, o fenomeni complessi, dalle rilevanti ricadute sociali.

 

La pandemia da SARS-CoV-2 si è caratterizzata per una debolezza se non assenza di una vera e propria governance.

 

E’stato scritto e mostrato empiricamente che la governance del rischio per essere efficace richiede adeguate competenze e una diffusa consapevolezza e pertanto la partecipazione di cittadini è diventata un requisito per le politiche ambientali e sanitarie (Rosa, 2014)

Sia a livello nazionale che sovranazionale i soggetti non statali svolgono un ruolo di importanza crescente nella governance del sistema, in quanto direttamente investiti dalle decisioni. Di fronte a rischi, di accadimenti causati sia da eventi naturali sia da attività antropiche, e alle decisioni da prendere per governarli la sostanza e i principi fondamentali di governance si traducono nella «governance del rischio» (Renn 2008). Non fa eccezione il caso della pandemia, tutt’altro. Secondo l’International Risk Governance Council (IRGC, 2005) la governance del rischio comprende la totalità degli attori, le regole, le convenzioni, i processi e i meccanismi che riguardano il grado di rilevanza del rischio, come le informazioni vengono raccolte, analizzate e comunicate e come sono prese le decisioni gestionali.

Le tre componenti fondamentali della governance del rischio sono la valutazione, la gestione e la comunicazione del rischio. È abbastanza evidente come il caso della pandemia da SARS-CoV-2 si presenti di difficoltà estrema per l’effettuazione delle tre attività.

 

Per leggere l’intero articolo di Fabrizio Bianchi:

Scienzainrete.it:


https://www.scienzainrete.it/articolo/valutazione-di-fine-anno-pandemico-bocciati-governance/fabrizio-bianchi/2020-12-31

Agricoltura sostenibile