25 novembre, 2020

Cosa ancora ci sta insegnando Covid 19

 Da scienza in rete: https://www.scienzainrete.it/articolo/copertura-sanitaria-universale-alla-prova-di-covid-19/elena-dalessandro/2020-11-18

 Carlo La Vecchia, professore di statistica medica ed epidemiologia, dipartimento di Scienze Cliniche e Salute di Comunità presso l’Università degli Studi di Milano, sottolinea come l’Italia, oltre ad avere una copertura sanitaria molto buona, vanti anche un’attesa di vita tra le più lunghe al mondo, non solo per l’assistenza sanitaria ma anche per abitudini di vita. «L’Italia è un paese che merita di essere giudicato positivamente in termini di assistenza sanitaria. Se vogliamo guardare a Covid-19, la reazione dell’Italia non è stata all’altezza della valutazione che ha avuto nello studio GBD (89), mentre la Germania, per esempio, che ha avuto un valore inferiore, di 86, è il paese che ha reagito molto meglio rispetto all’Italia, ma anche nei confronti di altri paesi europei. Pertanto, questi punteggi danno un’idea generale di come può funzionare l’assistenza sanitaria in una situazione non di allarme, poi, quali siano i sistemi che reagiscono meglio a situazioni emergenziali è effettivamente difficile da stimare». 

Secondo il rapporto Goalkeepers della Fondazione Gates4, la pandemia sta portando indietro di molti anni la salute globale. Secondo l’IHME, nel 2020, la copertura sanitaria sta regredendo alla situazione che avevamo negli anni Novanta. I governi spostano le risorse per cercare di gestire l’emergenza e le persone riducono drasticamente il ricorso all’assistenza sanitaria per contenere il rischio d’infezione: elementi costitutivi di una catastrofe sanitaria globale.

 

Il momento particolare che stiamo vivendo offre una riflessione sul concetto stesso di copertura sanitaria universale. Nessuno dei suoi metodi di stima, né passati né quello proposto dal GBD, include una misura della capacità di risposta alle epidemie. Eppure Covid-19 ha dimostrato che i servizi sanitari sono chiamati sia a evitare i casi di malattia e morte dovuti all’infezione sia a sostenere una normale assistenza sanitaria di qualità per le altre condizioni cliniche, durante e dopo l’emergenza. La resilienza dei sistemi sanitari è riconosciuta come una proprietà intrinseca dei sistemi stessi e, siccome un indice di copertura sanitaria è anche una misura di resilienza, è auspicabile che alla sua quantificazione concorrano anche indicatori di capacità di risposta alle epidemie, come la presenza di strutture di individuazione e segnalazione di focolai epidemici o la capacità di riconversione delle strutture per far fronte alle epidemie.


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23 novembre, 2020

Difetto di leadership. Eccesso di leadership

In questi giorni sto leggendo "Teoria U, i fondamentali. Principi e applicazioni" di C. Otto Scharmer - 2018 Guerini Next editore*. Un testo di non immediata lettura, che al momento mi ha particolarmente attratto su due questioni. 

La prima riguarda una visione, una ridefinizione della leadership, che possiamo definire come diffusa. Diffusa in quanto non residente in una persona ma in più soggetti operanti in un determinato contesto. Contesto tanto ampio fino a poter coincidere con la Comunità. Ciò che lega i soggetti è un interesse comune. Un reciproco vantaggio. Un vantaggio che non soddisfa un singolo ma la comunità. Ognuno vede e persegue il suo vantaggio. (Gruppi di stakeholder, che hanno bisogno gli uni degli altri per cambiare il sistema, di passare dal me al noi, vale a dire da una consapevolezza ego-sistemica a una consapevolezza eco-sistemica -  Scharmer auspica il passaggio da un vecchio “ego-sistema”, incentrato esclusivamente sul benessere egoistico, a un “eco-sistema”, in grado di occuparsi del benessere di tutti)

La seconda questione che ha catturato il mio interesse è legata alla pratica degli  interventi nella comunità. La grammatica dei campi sociali. "Dalla fisica sappiamo che un materiale altera il suo comportamento quando passa da uno stato all'altro. L’acqua, per esempio, al di sotto dello zero termico si congela e diventa ghiaccio. Se aggiungiamo calore finché la temperatura supera lo zero il ghiaccio fonde e l’acqua torna liquida. Se continuiamo ad aggiungere calore finché la temperatura supera 100° C, l’acqua passa allo stato gassoso e diventa vapore. In tutti e tre gli stati le molecole d’acqua sono le stesse (H2O), ma la materia si comporta molto diversamente nei tre casi. La stessa cosa può dirsi per altri materiali. Le molecole sono le stesse, il loro comportamento può variare. Nel campo sociale assistiamo a qualcosa di simile. Quando un gruppo o un sistema passa da un modello di comportamento collettivo a un altro (diciamo dall’absencing al presencing), gli individui nel sistema sono gli stessi, ma le connessioni fra loro cambiano radicalmente. Ciò significa che sia il gruppo sia i suoi membri non sono più gli stessi di prima. Osserviamo in quale modo questi modelli di interazione si modificano da uno stato all’altro. Se Bill O’Brien ha ragione quando afferma che il successo di un intervento dipende dalla condizione interiore di chi interviene, allora la leadership è la capacità di spostare il luogo interno da cui operiamo".

Anni fa all'Università di Perugia ho preso confidenza con un'idea, una metodologia, una pratica (poca) che mette in essere una serie di attività di osservazione e di studio sui bisogni sociali e di salute di un determinato territorio. Il fine è quello di programmare idonei servizi e quindi, attraverso questi, perseguendo attivamente partecipazione e condivisione, promuovere salute (Diagnosi di comunità). 

La metodologia prevede l'individuazione di tutti gli stakeholder attivi nel territorio, non solo quelli istituzionali come ASL, EE.LL., rappresentanti dei cittadini, ma anche soggetti appartenenti al mondo del lavoro, della formazione professionale, del privato sociale, della comunicazione. 

La Teoria U, in particolare per quanto riguarda la ridefinizione della leadership negli interventi di comunità, insieme alle conoscenze strutturate ricavabili, attraverso programmi di ricerca intervento finalizzati alla Diagnosi di comunità, possono dare utili indicazioni operative per un diverso sviluppo della medicina di territorio e della promozione della salute. Le Case della Salute che a tutt'oggi hanno avuto un incerto ruolo, possono essere il luogo di incontro e di confronto generativo. I sistemi sociali, che sono principalmente sistemi comunicativi che trattano non solo informazione ma anche senso (Luhmann, 1973; Musso, 2008) possono condividere un linguaggio che crei certezza. Il linguaggio con il suo potere di nominare il mondo e di generare senso (condiviso) costituisce il primo e più importante luogo di “certificazione” della realtà. 

Secondo Scharmer il percorso per la creazione di un Campo sociale generativo prevede 5 tappe:

  1. co-iniziare, svelare l’intenzione condivisa, costruire un primo contenitore; 
  2. co-percepire, vedere la realtà dai margini del sistema, stabilire una connessione orizzontale;  
  3. co-presencing, connettersi al vostro più alto potenziale futuro, stabilire una connessione verticale; 
  4. co-creare, prototipare per imparare dal fare, portare il nuovo nella realtà; 
  5. co-modellare, incarnare e istituzionalizzare il nuovo, far evolvere l’eco-sistema più ampio. 
Le prime due tappe del percorso per la creazione di un Campo sociale generativo hanno a che fare con la percezione, che deve passare da individuale a condivisa, e con la spontanea creatività. Fasi evidentemente fortemente critiche, quindi sarà necessario affrontarle con una solida metodologia ma anche attraverso la più opportuna selezione dei partecipanti. Motivati, competenti, capaci di esercitare l'ascolto. Capaci di individuare l'altro come una reale risorsa e non come uno strumento da utilizzare per il proprio fine. 

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* vedi anche a cura di Ugo Perugini (6 Settembre 2018): https://www.leadershipmanagementmagazine.com/articoli/otto-scharmer-trasformare-la-societa-con-la-teoria-u





19 novembre, 2020

Antonio Addis intervista Domenico Mantoan Direttore generale AGENAS

Va' Pensiero


buone notizie  

...

La ricerca non va fatta solo su terapie innovative ma anche sui modelli organizzativi più efficienti, confrontandosi con gli altri paesi. 

...

Il ruolo delle Regioni nell’organizzazione locale della sanità è indiscutibile; la possibilità per le Regioni di assumere autonomamente decisioni relative all’organizzazione ed erogazione delle prestazioni sanitarie è stata fondamentale. Secondo, che lo Stato deve avere un ruolo centrale nella programmazione nazionale e mai come nella pandemia questo suo ruolo è stato esaltato e addirittura sollecitato, le Regioni stesse hanno richiesto un coordinamento maggiore. Rispetto a un organismo politico-burocratico qual è il Ministero della salute, a cui spetta il compito di redigere le leggi guida per la programmazione, Aifa e Agenas – che lei correttamente definisce delle cerniere – e insieme ad esse anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) devono assolvere la funzione di strutture tecniche che aiutano la politica a prendere delle decisioni

... 

In questa crisi, purtroppo, è invece venuto in parte a mancare quel ruolo che Agenas avrebbe potuto avere nella riorganizzazione delle cure primarie e degli ospedali e nella definizione degli standard e modelli organizzativi

Per leggere l'intera intervista:

https://forward.recentiprogressi.it/it/rivista/numero-20-avviene/interviste/cio-che-avviene-nella-organizzazione-del-ssn-dopo-covid-19/



18 novembre, 2020

Covid: quali narrazioni possibili ? Covid 19: la dimensione clinica, la dimensione sociale e andragogica

 Alcuni lamentano che le ultime disposizioni - le Regioni a colori -  hanno determinato una certa confusione. I comportamenti, di conseguenza, sarebbero difformi per scarsa chiarezza delle disposizioni. Argomentazione difficilmente condivisibile a mio avviso. Cosa influenza in definitiva i comportamenti? Sicuramente l'autorevolezza della fonte e lo stile di narrazione sull'andamento della pandemia. Interessante il lavoro dell'Università Bicocca di Milano. 

https://www.formazione.unimib.it/it/università-e-territorio/blog/covid-19-e-narrazioni-aperte-sugli-adulti-oggi

COVID 19 e Narrazioni - di Micaela Castiglioni  

La situazione globale, drammatica e straordinaria che stiamo vivendo a causa della pandemia per COVID19 sta mettendo in evidenza criticità, fragilità, vulnerabilità, così come lati oscuri e sommersi, contraddizioni e paradossi, a più livelli, anche differenti tra loro, e all’interno delle molteplici appartenenze della vita adulta.

Come studiosa ed esperta di educazione degli adulti e degli anziani mi hanno colpito quelle che potremmo chiamare le narrazioni caleidoscopiche sull’identità e sul ruolo
degli adulti che l’emergenza coronavirus ha messo in risalto in modo molto nitido. Ne richiamo soltanto alcune, certa che chi leggerà queste brevi riflessioni potrà
integrarle, ampliarle, e perché no, metterle in discussione.

  • C’è una narrazione che ci presenta adulti responsabili verso se stessi e gli altri, che, messi davanti alla limitazione della libertà personale, si sono adeguati con consapevolezza, riconoscendo essi stessi l’importanza e l’inevitabile necessità di una scelta simile per la salute dell’intera comunità.
    Come chiamarli? “Quelli che” hanno capito con responsabilità?
     
  • C’è, al contrario, una narrazione che dà forma ad adulti i quali davanti al monito televisivo, quotidianamente riproposto, “restate a casa”, continuano ad uscire, a fare footing, a non rispettare la distanza di sicurezza, ecc... Non sono pochi, si parla del 40% dei cittadini adulti.
    Come si possono chiamare? “Quelli che” andiamo fuori lo stesso e nonostante…”?

E qui, non posso evitare di pormi alcune domande: perché questo comportamento? Forse, perché è stato posto un vincolo? Perché la libertà individuale è stata limitata? Se non ci fossero le regole e le limitazioni ministeriali la percentuale di questi adulti rischierebbe di aumentare? Probabilmente sì; se i decisori politici stanno progressivamente intervenendo - almeno nelle aree geografiche così dette rosse - con limitazioni più rigide, con controlli ancora più severi e con multe molto più pesanti.

  • C’è, inoltre, un’altra narrazione, quella veicolata dai palinsesti TV, che sembra parlarci di adulti da intrattenere H24, in casa, svagandoli ad oltranza e non facendoli pensare (e non è giocoforza, che uno pensi, solo e sempre, al coronavirus). Adulti probabilmente non ritenuti in grado di scegliere, di organizzare e gestire la propria quotidianità, di raccogliersi, almeno ogni tanto, tra sé e sè? Senza dubbio svagare, rassicurare è utile ma non è altrettanto utile capire, riflettere in silenzio?
    Come possiamo chiamarli questi adulti costruiti dai media? “Quelli che” bisogna colmare, sviandoli?

Quali altre narrazioni si possono aggiungere? Ci vengono in mente possibili integrazioni? Narrazioni diverse? Che cosa possiamo apprendere, seppur drammaticamente, dal COVID 19, affinché non tutto ritorni come prima?

16 novembre, 2020

Le arti e il miglioramento della salute - medicina di territorio, un diverso approccio

Tante volte nel corso di questa terribile pandemia abbiamo sentito invocare il Territorio, i MMG, i PLS. Il maggiore coinvolgimento dei colleghi passa sicuramente attraverso la necessaria revisione degli accordi per attualizzarli e renderli più coerenti ad un complessivo disegno di sanità pubblica.

 La medicina di territorio però non può essere solo questo. La medicina di territorio è medicina di prossimità, per definizione è intersettoriale. Non deve avere un solo attore protagonista. La medicina di territorio deve avere i suoi luoghi (le Case della Salute), le sue procedure, i suoi standard. La medicina di territorio lavora per percorsi di cura integrati, multidisciplinari e multiprofessionali.

I professionisti sono adeguatamente formati per la medicina di territorio? 

Le tecnologiche (complessivamente intese) sono sicuramente insufficienti, ma se ne conosce con accettabile approssimazione, il reale fabbisogno?

Siamo in grado di attuare una progettazione condivisa, intersettoriale, che si realizzi attraverso l'uso di budget differenti (diverse fonti di finanziamento)?

Il modello organizzativo normato è ancora attuale? 

La medicina di territorio è One Health, o non è. 

Un punto di vista ... 

https://www.dors.it/documentazione/testo/202005/oms_arti_ita.pdf 

La crisi globale legata a Covid19 ha messo in evidenza il contributo centrale della Cultura e delle Arti alla nostra salute mentale e alla nostra capacità di coesione sociale, in una parola alla fioritura umana individuale e collettiva. Lo scenario è quello di una società che deve affrontare una sorta di disordine post-traumatico da stress, in cui gli enormi costi sociali della crisi toccano diverse dimensioni sociali e politiche.

Il CCW -Cultural* Welfare Center- nasce come risposta alla crisi pandemica, da dieci professionisti di diverse aree disciplinari che, nell’ambito di altrettante istituzioni, cooperano a geometria variabile dagli inizi del millennio nella ricerca-azione sul terreno pionieristico per l’Italia dell’alleanza strategica tra Cultura e Salute per un futuro sostenibile.

La decisione di mettere a sistema le migliori competenze in questo momento storico, chiamando a raccolta altri esperti in una knowledge community, per creare un ecosistema di dialogo, deriva dalla consapevolezza che le Arti e la Cultura sono importanti risorse per la costruzione di salute nella dimensione della cura, delle medical humanities, della promozione della salute e per lo sviluppo di equità e di qualità sociale.

Questa grande crisi mette in gioco la coesione socialela salute biopsicosciale delle comunità, in un senso profondo ed è urgente lavorare a una nuova idea di welfare in cui le Arti e la Cultura possano dare un rilevante contribuito per la ripartenza del Paese. Coinvolgendo attori e portatori di interesse pubblici e privati, lavorando in un’ottica multidisciplinare, multilivello e intersettoriale, per garantire impatto sociale e nutrire le politiche.

La pubblicazione in lingua italiana del rapporto OMS (2019), in collaborazione con DORS, il Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, costituisce la prima azione del CCW che intende condividere con comunità di pratiche, organizzazioni e operatori socio-sanitari-assistenziali ed educativi, studiosi e policy makers, la più recente ed ampia ricerca mai effettuata sull’impatto delle Arti sul benessere e la Salute delle popolazioni sia nella dimensione della promozione e prevenzione che quella del trattamento e della cura. 

* cultural studies: scuola e corrente sociologica indirizzata alla studio dei fenomeni culturali e sociali contemporanei secondo una prospettiva critica. Studi caratterizzati da una forte vocazione alla multidisciplinarietà

Tenere in considerazione la natura intersettoriale degli ambiti dell’arte e della salute:

  • rafforzando strutture e meccanismi per la collaborazione tra i settori della cultura, del sociale e della sanità, per esempio introducendo il co-finanziamento di programmi da parte di budget differenti,

  • considerando l’introduzione o il potenziamento di modalità di prescrizione ai pazienti di attività artistiche dai settori della sanità e dell’assistenza sociale, per esempio attraverso l’uso di prescrizioni per attività sociali,

  • favorendo l’inclusione delle arti e degli approcci formativi umanistici nell’ambito della formazione degli operatori sanitari e della cura per migliorare le loro abilità cliniche, personali e comunicative.



14 novembre, 2020

Ecco perché non può che essere One Health

Dalla stampa di oggi alcune suggestioni



13 novembre, 2020

One health per la salute delle comunità - serve una nuova riforma del SSN ?

    Il concetto di one health non è un programma né un pacchetto di azioni specifiche, potremmo considerarlo una filosofia, un modo di pensare. Non esiste la salute dell’uomo separata dalla salute degli animali, ma esiste solo la one health, un equilibrio tra le due. Nel nostro mondo globalizzato siamo tutti vicini: se in Cina si muore per un nuovo virus, nel resto del mondo le persone non possono semplicemente pensare di proteggersi chiudendo gli aeroporti, perché comunque il virus arriverà. Non è pensabile risolvere il problema in modo individuale, ciascun paese secondo i propri tempi e modi: possiamo solo farlo tutti insieme. È la salute globale. 


Rosy BindiEx ministro della Salute, presidente Commissione antimafia nella XVII legislatura
6 novembre 2020

La tragedia che ci ha colpito ha avuto conseguenze gravi non solo per l’imprevedibilità che l’ha caratterizzata, ma soprattutto perché ha evidenziato le carenze strutturali del nostro sistema sanitario. Non è da attribuire alla cattiva sorte il fatto che i sistemi regionali che hanno registrato i problemi più grandi siano stati quelli dove in questi anni si è abbandonata la prevenzione, la presa in carico delle cronicità, si è indebolita la sanità dei distretti territorialil’integrazione socio sanitaria, dove sono considerati inutili i medici di medicina generale. Hanno fallito i modelli organizzativi ad alta competizione pubblico-privato. Si è persa un’intera generazione non a causa del destino cattivo, ma a causa dell’abbandono al quale è stata condannato.
Si è persa un’intera generazione non a causa del destino cattivo, ma a causa dell’abbandono al quale è stata condannato
beni comuni. Davvero questa è l’occasione, e non vorrei che ce ne scordassimo nei prossimi mesi, per riflettere sull’importanza dei beni comuni. I padri fondatori sono stati lungimiranti: la salute è l’unico diritto che viene definito “fondamentale” dalla nostra Costituzione. Mi auguro che la parte politica che ha nel Dna questa storia culturale si liberi dalle timidezze e dalle subalternità che ha avuto in questi anni nei confronti di un – legittimo – pensiero liberistico, che ha mortificato i beni comuni e servizi pubblici come la scuola e la sanità nazionale. 
La pandemia da Covid-19 sta moltiplicando povertà e disperazione. Bisogna ripartire da politiche per la casa e di sostegno al reddito e dai beni comuni. Il quinto numero de lavialibera
Penso che la regionalizzazione del servizio sanitario sia una scelta irreversibile, ma nessun sistema a regionalismo forte o federale può permettersi la mancanza o la debolezza di una guida politica nazionale. Occorre un ministero della Sanità che non sia subalterno a quello dell’Economia, perché la sanità non è un bilancio ma un diritto dei cittadini, il più importante perché il presupposto per esercitare tutti gli altri. Occorre un Ministero che riconduca l’autonomia alle coerenze del sistema. Se vogliamo un servizio sanitario pubblico che garantisca in maniera uniforme i servizi essenziali, non possiamo permetterci gli apprendisti stregoni che in questi anni hanno realizzato modelli organizzativi tra di loro diversissimi e spesso incoerenti rispetto ai principi di un sistema universalistico. 
Siamo alla vigilia di nuovi investimenti, come abbiamo intenzione di usarli? Io credo vadano impegnati in progetti, sotto la guida del Ministero, per intervenire secondo la nostra Costituzione e le riforme del sistema sanitario che già prevedono, per esempio, l’integrazione pubblico-privato, con il privato sociale, la valorizzazione della cooperazione all’interno di un sistema integrato, non competitivo, dei servizi. Nonostante i principi, abbiamo finito per costruire, soprattutto in alcune parti del nostro Paese, un sistema che eroga prestazioni, che cura la malattia, ma non produce salute ed è per questo che il virus ha rischiato di avere la meglio. 
Potremo vincere questa sfida se capiremo che il settore sanitario può essere trainante anche per lo sviluppo dell’Italia e se sapremo attivare un intervento istituzionale governato dalla politica. È la politica che deve tornare centrale nella gestione della sanità e che deve avere tutta l’autorità necessaria per farlo.  
Da lavialibera n° 3 maggio/giugno 2020

10 novembre, 2020

il professor Appadurai parla di COVID-19. L’intervista di Raffaele Liguori.

 … 

 

Vedo delle evidenze, delle prove, per le quali quasi tutti gli stati-nazione continuano a praticare i loro negoziati sul commercio globale, sul commercio degli armamenti che è molto attivo (in particolare in Francia, Stati Uniti, Arabia Saudita, India, China), un vero grande business.

Allo stesso tempo ci sono alcuni aggiustamenti nel modo in cui lo stato-nazione ha a che fare con la globalizzazione. Perfino gli stati-nazione che sono sotto una grande pressione per chiudere i propri confini, mettere priorità sulla salute dei propri cittadini, tutti questi stati dipendono da collaborazioni e assistenza tecnica, scientifica, medica attraverso i confini.
Perfino al centro della campagna per sconfiggere il Covid ci sono processi di cooperazione e collaborazione internazionale e globale.
Quindi non penso che la globalizzazione sarà trasformata o rallentata o bloccata dal Covid-19.

Il costo maggiore è che il nostro principale modo di connetterci tra di noi è stato sospeso. Per coloro che tra di noi hanno tecnologie digitali, allora possono sopperire a questa mancanza. Ma per il 60-70% della popolazione mondiale la tecnologia digitale non è disponibile, e quindi vengono ributtati indietro nelle loro famiglie, nelle loro case, nei loro quartieri. Si tratta di costi sociali molto alti.
Questo è ciò che accade da una parte. Ma dall’altra parte, se si guarda alla Germania, ma
anche all’Italia, alla Lombardia, alla Corea, o a molti altri posti, si vede che lo stato non può fare tutto senza che le persone comuni si diano da fare, partecipino allo sforzo, ad esempio indossando le mascherine, mantenendo le distanze sociali, lavandosi le mani, evitando contatti non necessari con estranei.
Senza tutto ciò l’intero sforzo di combattere il Covid sarebbe fallito in modo disastroso, peggio di quanto successo finora.

...

Di fronte a noi c’è un problema di alfabetizzazione.
Quindi, da un lato sono d’accordo che la scienza contemporanea sia stata la risorsa principale per combattere direttamente il virus come un oggetto fisico.
Questo però non significa che noi comprendiamo tutto ciò che ci viene detto, perchè non siamo istruiti abbastanza per comprendere numeri di tale complessità. Quasi nessuno lo è. Siamo ancora meno attrezzati a comprendere quando ci sono dibattiti fra due scienziati. Come potrò mai esprimere un giudizio quando entrambi quegli scienziati hanno grafici e dati di una tale enorme complessità?
Questo è un grosso problema, l’alfabetizzazione, digitale e scientifica. L’alfabetizzazione su probabilità, proiezioni, numeri. La maggior parte delle persone non ce l’ha.
Dall’altro lato c’è quanto lei indicava, cioè che c’è stata una sorte di “vuoto” dalla parte di ciò che lei ha chiamato “linguaggio sociale” e che io chiamerei in altro modo.
In un mio vecchio libro (“Il futuro come fatto culturale”) ho proposto un contrasto tra “etica della probabilità” e “etica della possibilità”.

Probabilità è la parola nella quale viviamo: numeri, rischi, incertezza, probabilità, proiezioni…si possono usare migliaia di parole, ma sono tutte dalla parte dell’etica della probabilità.
Dall’altra parte abbiamo bisogno di qualcosa di forte, dalla parte dell’etica della possibilità, che è l’etica della speranza, dell’aspirazione, desiderio, immaginazione, ispirazione.
Sono d’accordo con lei completamente nel dire che abbiamo un fallimento relativo da questa parte, cioè dalla parte del linguaggio sociale o del linguaggio delle possibilità che è stato schiacciato dal discorso della probabilità, penso al linguaggio delle scienze mediche e delle scienze correlate.
Noi abbiamo bisogno di queste scienze, ma abbiamo bisogno di un dialogo tra questa lingua e ciò che lei chiama linguaggio sociale. Altrimenti l’intero sforzo diventa unilaterale e noi diventiamo una sorta di consumatori passivi di dati numerici che non comprendiamo; dobbiamo dare la nostra vita a qualcuno che ci dica cosa fare: indossare o meno una mascherina; stare distanti 6 metri e non cinque. Dobbiamo assecondare queste situazioni e ciò non è molto positivo per vite democratiche in salute.
Quindi, sono d’accordo con lei: c’è un fallimento dal lato del linguaggio sociale.

https://www.radiopopolare.it/lantropologo-arjun-appadurai-il-covid-19-e-i-fallimenti-del-linguaggio-sociale/?fbclid=IwAR3ELOMF7-jseQSKmy3L0D58LffVbTCU_cS7K_Tqs-Jhvzdj-Ux9p5blXC0

08 novembre, 2020

Cambiamento

        GLI 8 STEP DEL CAMBIAMENTO

Nel suo bestseller “Leading Change” John Ko􏰀er identifica 8 step fondamentali da percorrere in un processo di cambiamento.

SENSO DI URGENZA

Creare un senso di necessità verso il cambiamento stesso che ne faccia percepire l’importanza per tu􏰀a l’organiz- zazione.

CREARE UNA VISIONE

Delineare in maniera efficace la visione del punto di arrivo a cui si mira nel processo di cambiamento.

RIMUOVERE GLI OSTACOLI

Rinforzare i comportamenti positivi gratificando pubblicamente le persone che supportano il cambiamento. Identificare problemi degli oppositori e provare a risolverli.

NON MOLLARE LA PRESA

Analizzare ogni obie􏰀ivo raggiunto tracciando cosa ha funzionato e quali sono invece gli elementi migliorabili da riproge􏰀are.

COSTRUIRE IL TEAM

Individuare gli “agenti del cambiamen- to”, ovvero le persone che possono aiutarvi nel percorso.

COMUNICARE LA VISIONE

Comunicare efficacemente la visione proge􏰀ata ai collaboratori di tu􏰀i i livelli con forza e in modo costante.

CREARE QUICK WINS

Proge􏰀are qualche obie􏰀ivo di breve termine che abbia una ricaduta immedia- ta in fa􏰀o di visibilità e di risultati o􏰀enuti per convincere anche i più sce􏰀ici.

FARE ATTECCHIRE

Incorporare il cambiamento nella cultura aziendale facendolo interiorizzare alle persone per scongiurare un ritorno allo stato iniziale.

                                  blog.teamsystem.com

             CHANGE MANAGEMENT

Hook S.r.l.

      

05 novembre, 2020

Il territorio, ci stavamo per dimenticare

E noi quando cominciamo almeno a parlarne della diversa organizzazione post CoVid-19 di MMG e PLS 

Nulla sarà come prima. Davvero? 


Da Salute Internazionale un interessante articolo



 https://www.saluteinternazionale.info/2020/11/medicina-di-famiglia-in-portogallo/?pdf=18058

03 novembre, 2020

le 3 D

  1. la disarticolazione dei lavoratori e dei luoghi di lavoro
  2. la dematerializzazione delle relazioni interpersonali
  3. la disintermediazione dei processi produttivi 


 

02 novembre, 2020

Agricoltura sostenibile