Poche considerazioni su l'ultimo, per ora, dpcm.
Dopo che tutti, durante la primavera, ci siamo sperticati a dire nulla sarà più come prima, ritrovarsi, almeno apparentemente, come a marzo 2020 crea delusione e sconforto. Anche chi è lontanissimo da atteggiamenti no vax o da posizioni radicalmente critiche (dittatura sanitaria) è disorientato, confuso.
L'Italia ha adottato soluzioni restrittive non dissimili da quelle degli altri paesi europei, nessuno ha certezze assolute sull'efficacia dei rimedi, i sistemi informativi e di tracciamento, al momento, non consentono di fare di più o di fare più efficacemente.
Eppure percepisco uno stato di ansia misto a rabbia, questo è sicuramente comprensibile guardando impennarsi la curva dei contagi, ma credo che ci sia anche dell'altro.
Molti, io tra questi, hanno creduto, hanno voluto credere, che nulla sarebbe stato più come prima. Ci siamo detti, una pandemia di queste dimensioni, la prima caratterizzata dalla profusione di notizie in diretta sui molti canali mediatici, non può non determinare un cambiamento. Un cambiamento nei governanti, nei politici, nei professionisti, nella comunità di cittadini, malati, parenti, associazioni.
Forse eravamo animati da una aspettativa un po' magica, un po' infantile. Salvifica. Forse. E' nel modo d'essere degli umani atteggiamenti.
Non voglio entrare nel merito dei singoli provvedimenti, anche se come medico di sanità pubblica da più di 40 anni, avrei titolo a parlarne più di quanti oggi si improvvisano esperti in dibattiti televisivi e sui giornali. Comprendo bene che alcune criticità sono oggettive e non risolvibili in 6 mesi. Non credo che sia facile colmare i buchi di personale (medici rianimatori, medici di urgenza, infermieri) determinatisi negli ultimi 10 anni e oltre. Questa difficoltà deriva sia dalle lungaggini procedurali, che sopratutto dall'oggettiva carenza di risorse professionali disponibili. Forse dobbiamo assumere medici dall'estero come ha già fatto UK. Altre difficoltà, che ugualmente influenzano quel sentimento di ansia mista a rabbia, possono però essere affrontate. Voglio citare alcune questioni.
- Comunicazione ed esercizio della leadership. Io sono convinto che nella assoluta maggioranza i comportamenti adottati dai cittadini, fino ad oggi, siano corretti e orientati alla riduzione del rischio, compatibilmente allo svolgimento delle attività quotidiane (es.mezzi di trasporto affilati). Bene se così è, non è giustificato uno stile comunicativo orientato alla sanzione e alla condanna. E' necessario puntare sul coinvolgimento e sulla partecipe responsabilizzazione di soggetti adulti e consapevoli.
- E' assolutamente necessario un fermo intervento del governo centrale che non consenta procedure diversificate da regione a regione nella gestione dei positivi, dei contatti, dei quarantenati. Una procedura nazionale. Questo non significa ridurre l'autonomia delle Regioni. Significa garantire uguali possibilità di cure a tutti i cittadini. In tempo di nazionalismi imperanti dovrebbe essere facile.
- I cittadini, positivi, sospetti, quarantenati devono tutti ugualmente essere presi in carico. Questo significa che almeno devono essere informati sul percorso di osservazione e trattamento a cui saranno univocamente avviati e monitorati. Conosco il tema della carenza di risorse professionali che ha reso quasi impossibile il tracciamento, ma il cittadino deve sapere quale sarà il suo percorso e chi è il suo (unico) interlocutore (vedi estenuante trattativa con MMG e PLS. Perché non affidare ai MMG un punto tamponi almeno in ogni Distretto, magari nelle case della salute, dove sono state attivate?
Articolo molto interessante su Il manifesto
RispondiEliminahttps://ilmanifesto.it/serve-trasparenza-sui-dati-per-condividere-le-decisioni/?fbclid=IwAR2onQBoh7jDXLGQiQHDggbs6tGgdndBlfiYjatIhYqXaJGYqfb-SBJIhiE
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