I miei primi 40anni con il SSN. #salute #competenze #medicalhumanities #organizzazione
31 dicembre, 2020
29 dicembre, 2020
Il tempo è un lusso
Judy Wajcman, sociologa della London School of Economics,
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In questi mesi, addirittura a livello europeo, sta prendendo piede una discussione a cui io plaudo molto e che seguo con interesse a proposito della cosiddetta “innovazione responsabile”. Nel concreto, se qualcuno fa domanda per una sovvenzione europea a favore di un progetto, quella persona deve essere in grado di dimostrare la propria responsabilità a livello etico e di rendere conto del valore sociale della propria idea. Credo che iniziare a discutere sulla tecnologia anche in termini di responsabilità etica sia fondamentale. Un’altra cosa che mi ha colpito è che oggi sembra essere di moda un’adorazione per gli algoritmi, si parla perfino di “governo algoritmico”. Eppure, dopo gli eventi legati al movimento Black Lives Matter, è stato appurato che alcuni algoritmi erano stati usati in maniera volutamente discriminatoria – ma direi che lo stesso sistema automatico del welfare system statunitense è tale da riprodurre implicitamente le disuguaglianze sociali vigenti nella società americana. Quindi anche in questo caso è importante discutere (al momento se ne parla più che altro a livello accademico) di “algoritmi etici”, che devono essere studiati, vagliati e valutati prima di essere applicati alle politiche governative per esempio, per fare in modo che non venga perpetrata discriminazione di nessun tipo.
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Per leggere l’intera intervista:
https://www.iltascabile.com/scienze/tirannia-tempo/
24 dicembre, 2020
Per un natale di resilienza
Cura come progetto politico
di Paolo Piacentini Presidente Federtrek e studioso di Aree interne
È possibile trasformare in progetto politico il concetto di cura nell’abitare un territorio? Credo sia fondamentale.
Cura di sé stessi, degli altri, della comunità, dell’ambiente. Cura come costruzione di salute globale. Non può esistere un sistema in salute se alla base non si pone il principio fondamentale della cura. Del profondo valore culturale e politico di questo sostantivo femminile forse troppo abusato, ma pochissimo praticato, dovremmo avere maggiore consapevolezza.
14 dicembre, 2020
Coprogettazione e coprogrammazione modalità privilegiate di relazione tra sfera pubblica e privato sociale
La sentenza n. 131 del 2020: la pietra miliare nella storia del diritto
Come abbiamo più volte ribadito negli ultimi mesi, la sentenza del 26 giugno 2020, n. 131, della Corte costituzionale rappresenta un punto di svolta nei rapporti tra la pubblica amministrazione e Terzo settore, in quanto dà pieno riconoscimento all’articolo 55 del Codice del Terzo settore e, in particolare, agli istituti della coprogettazione e della coprogrammazione come modalità privilegiate di relazione tra sfera pubblica e sfera del privato sociale.
Proprio per valorizzare la portata rivoluzionaria della pronuncia, e alla luce del successo del primo convegno nazionale sull’argomento organizzato il 26 ottobre 2020, Euricse ha voluto pubblicare le riflessioni dei relatori che rappresentano alcuni tra i massimi studiosi di Terzo settore. Oltre al presidente di Euricse, Carlo Borzaga, hanno partecipato all’iniziativa le docenti dell’Università di Trento Paola Iamiceli e Silvia Pellizzari – che è anche una delle curatrici del volume assieme a Borzaga -, Luca Gori della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, il vicedirettore di Welforum, Gianfranco Marocchi, il presidente di Assifero, Felice Scalvini, e il presidente di Labsus, Gregorio Arena.
Riflessioni a margine del primo convegno organizzato sul tema
L’instant book, “Terzo settore e PA: la svolta della Corte costituzionale“, è aperto dalla prefazione della giudice costituzionale, nonché professoressa all’Università di Trento, Daria de Pretis, che fornisce un prezioso inquadramento della pronuncia, a partire dalla questione posta alla Consulta e relativa alla presunta illegittimità della legislazione regionale umbra sulle cooperative di comunità.
Dalla presentazione che ne fa il sito dell’Euricse, si legge che «il primo contributo ripercorre i passaggi normativi e i momenti salienti che hanno anticipato la sentenza della Corte. È firmato da Gianfranco Marocchi e riprende un saggio pubblicato anche sulla rivista ‘Impresa Sociale’. Il presidente di Euricse, Carlo Borzaga, si concentra invece sui fondamenti economici della pronuncia, mentre Paola Iamiceli evidenzia il ruolo del diritto privato nella disciplina degli enti del Terzo settore. La riflessione di Luca Gori è dedicata al ruolo di primo piano che gli enti del non profit svolgono nell’attuazione dei dettati costituzionali. L’intervento successivo di Silvia Pellizzarisi concentra sugli istituti di diritto amministrativo applicabili alla coprogrammazione e coprogettazione. Felice Scalvini si sofferma poi sul vero senso del “fare insieme” che sta a fondamento dell’articolo 55 del Codice del terzo settore. Le conclusioni dell’instant book sono state affidate a Gregorio Arena, autore della prima riflessione scientifica sui caratteri dell’amministrazione condivisa richiamata anche dalla Corte costituzionale, il quale ha fornito importanti spunti operativi per l’applicazione dell’articolo 55».
https://www.labsus.org/2020/12/terzo-settore-e-pa-limpatto-della-sentenza-della-corte-costituzionale/
10 dicembre, 2020
CoVid 19 e plastica - il problema è serio davvero
Nel 2017 è stato un colpo al cuore, per molti, scoprire da una ricerca pubblicata su Science Advance che siamo riusciti a riciclare appena il 9% dei rifiuti di plastica prodotti nel mondo. Un altro 12% è stato incenerito, spesso liberando fumi tossici. Il resto – quasi l’80% – è finito in discariche di ogni genere o, peggio, direttamente nell’ambiente.
Negli oceani, dove ogni anno si riversano tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di plastica, i frammenti più piccoli sono scambiati per cibo dai pesci e si trovano addirittura nello zooplancton. Non potendo essere digeriti, risalgono quindi la catena alimentare e finiscono per accumularsi negli organismi che si trovano al vertice, esseri umani compresi.
Per di più, la plastica è presente in tracce anche nell’acqua che beviamo e nell’aria che respiriamo. Secondo una ricerca commissionata dal WWF all’Università di Newcastle (Australia), attraverso l’acqua ingeriamo circa 5 grammi di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito. Quel che fa dentro i nostri corpi ancora non è dato sapere, per ora non si può escludere che possa diventare un veicolo di trasmissione per batteri e sostanze tossiche: ai frammenti di plastica si possono infatti legare agenti patogeni, metalli pesanti e composti sintetici pericolosi.
Sfruttando la pandemia di COVID-19, nei mesi scorsi le lobby della plastica non hanno perso l’occasione per invocare la revoca di ogni tassa e divieto sul monouso in procinto di entrare in vigore negli Stati Uniti, in Europa e in molti altri Paesi del mondo. Finora hanno collezionato qualche successo – in Italia l’introduzione della plastic tax è slittata al luglio 2021 – senza però riuscire a invertire la tendenza verso una progressiva regolamentazione.
Per il momento il settore si può consolare con il boom di richieste per mascherine e altri dispositivi di protezione contro il contagio.
Ma la battaglia si prospetta ancora lunga e dall’esito incerto.
06 dicembre, 2020
Da Quotidiano Sanità - NEXT GENERATION ITALIA PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
Recovery Fund. Sanità digitale, Case della Salute e valorizzazione del personale. Ecco le priorità per le Regioni sul tema della salute
NEXT GENERATION ITALIA
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome 3 dicembre 2020
CLICCA QUI > http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1293759.pdf
01 dicembre, 2020
I comportamenti reciprocanti – Salute bene comune – SSN bene comune
Comune è il bene che non è escludibile ma è rivale nel consumo ed è tale che il vantaggio che ciascuno trae dal suo uso non è separabile da quello che altri pure traggono da esso. In altro modo, il beneficio che il singolo fruitore ricava dal bene comune avviene assieme a quello degli altri, non già contro (come accade col bene privato) e neppure a prescindere (come accade col bene pubblico). Contrasta dunque il bene comune sia il comportamento dell’opportunista (del free-rider) sia dell’altruista puro (quello di chi annulla sé stesso per recare vantaggio all’altro). Cosa favorisce, invece, il bene comune? Il comportamento reciprocante che dà senza perdere e riceve senza togliere. (…)
La più recente e accreditata ricerca in ambito socioeconomico ha persuasivamente mostrato che mentre nel caso dei beni privati l’applicazione intelligente del principio dello scambio di equivalenti è tutto quanto serve alla bisogna, e mentre per risolvere il problema dei beni pubblici si può pensare di servirsi di una qualche variante della mutua coercizione – una sorta di Leviatano “burocratico” -, quando si ha a che fare con i beni comuni è inevitabile il ricorso al principio di reciprocità.” (Stefano Zamagni - Prudenza, Il Mulino, 2015.)
L'era dei beni comuni. Contro gli altri, a prescindere dagli altri, assieme agli altri
di Marinella De Simone
Il bene comune è fondato sull’interdipendenza delle relazioni. Ciò che tu fai non può non avere effetti su di me, e viceversa … Poiché nell’utilizzo dei beni comuni non possiamo ritenerci separati dagli altri ed il nostro comportamento determina a cascata quello degli altri, se ci comportiamo perseguendo solo il nostro beneficio, lo stesso faranno gli altri, innescando un circolo vizioso auto-distruttivo.
https://www.complexityinstitute.it/lera-dei-beni-comuni/
25 novembre, 2020
Cosa ancora ci sta insegnando Covid 19
Da scienza in rete: https://www.scienzainrete.it/articolo/copertura-sanitaria-universale-alla-prova-di-covid-19/elena-dalessandro/2020-11-18
Carlo La Vecchia, professore di statistica medica ed epidemiologia, dipartimento di Scienze Cliniche e Salute di Comunità presso l’Università degli Studi di Milano, sottolinea come l’Italia, oltre ad avere una copertura sanitaria molto buona, vanti anche un’attesa di vita tra le più lunghe al mondo, non solo per l’assistenza sanitaria ma anche per abitudini di vita. «L’Italia è un paese che merita di essere giudicato positivamente in termini di assistenza sanitaria. Se vogliamo guardare a Covid-19, la reazione dell’Italia non è stata all’altezza della valutazione che ha avuto nello studio GBD (89), mentre la Germania, per esempio, che ha avuto un valore inferiore, di 86, è il paese che ha reagito molto meglio rispetto all’Italia, ma anche nei confronti di altri paesi europei. Pertanto, questi punteggi danno un’idea generale di come può funzionare l’assistenza sanitaria in una situazione non di allarme, poi, quali siano i sistemi che reagiscono meglio a situazioni emergenziali è effettivamente difficile da stimare».
Secondo il rapporto Goalkeepers della Fondazione Gates4, la pandemia sta portando indietro di molti anni la salute globale. Secondo l’IHME, nel 2020, la copertura sanitaria sta regredendo alla situazione che avevamo negli anni Novanta. I governi spostano le risorse per cercare di gestire l’emergenza e le persone riducono drasticamente il ricorso all’assistenza sanitaria per contenere il rischio d’infezione: elementi costitutivi di una catastrofe sanitaria globale.
Il momento particolare che stiamo vivendo offre una riflessione sul concetto stesso di copertura sanitaria universale. Nessuno dei suoi metodi di stima, né passati né quello proposto dal GBD, include una misura della capacità di risposta alle epidemie. Eppure Covid-19 ha dimostrato che i servizi sanitari sono chiamati sia a evitare i casi di malattia e morte dovuti all’infezione sia a sostenere una normale assistenza sanitaria di qualità per le altre condizioni cliniche, durante e dopo l’emergenza. La resilienza dei sistemi sanitari è riconosciuta come una proprietà intrinseca dei sistemi stessi e, siccome un indice di copertura sanitaria è anche una misura di resilienza, è auspicabile che alla sua quantificazione concorrano anche indicatori di capacità di risposta alle epidemie, come la presenza di strutture di individuazione e segnalazione di focolai epidemici o la capacità di riconversione delle strutture per far fronte alle epidemie.
23 novembre, 2020
Difetto di leadership. Eccesso di leadership
In questi giorni sto leggendo "Teoria U, i fondamentali. Principi e applicazioni" di C. Otto Scharmer - 2018 Guerini Next editore*. Un testo di non immediata lettura, che al momento mi ha particolarmente attratto su due questioni.
La prima riguarda una visione, una ridefinizione della leadership, che possiamo definire come diffusa. Diffusa in quanto non residente in una persona ma in più soggetti operanti in un determinato contesto. Contesto tanto ampio fino a poter coincidere con la Comunità. Ciò che lega i soggetti è un interesse comune. Un reciproco vantaggio. Un vantaggio che non soddisfa un singolo ma la comunità. Ognuno vede e persegue il suo vantaggio. (Gruppi di stakeholder, che hanno bisogno gli uni degli altri per cambiare il sistema, di passare dal me al noi, vale a dire da una consapevolezza ego-sistemica a una consapevolezza eco-sistemica - Scharmer auspica il passaggio da un vecchio “ego-sistema”, incentrato esclusivamente sul benessere egoistico, a un “eco-sistema”, in grado di occuparsi del benessere di tutti).
La seconda questione che ha catturato il mio interesse è legata alla pratica degli interventi nella comunità. La grammatica dei campi sociali. "Dalla fisica sappiamo che un materiale altera il suo comportamento quando passa da uno stato all'altro. L’acqua, per esempio, al di sotto dello zero termico si congela e diventa ghiaccio. Se aggiungiamo calore finché la temperatura supera lo zero il ghiaccio fonde e l’acqua torna liquida. Se continuiamo ad aggiungere calore finché la temperatura supera 100° C, l’acqua passa allo stato gassoso e diventa vapore. In tutti e tre gli stati le molecole d’acqua sono le stesse (H2O), ma la materia si comporta molto diversamente nei tre casi. La stessa cosa può dirsi per altri materiali. Le molecole sono le stesse, il loro comportamento può variare. Nel campo sociale assistiamo a qualcosa di simile. Quando un gruppo o un sistema passa da un modello di comportamento collettivo a un altro (diciamo dall’absencing al presencing), gli individui nel sistema sono gli stessi, ma le connessioni fra loro cambiano radicalmente. Ciò significa che sia il gruppo sia i suoi membri non sono più gli stessi di prima. Osserviamo in quale modo questi modelli di interazione si modificano da uno stato all’altro. Se Bill O’Brien ha ragione quando afferma che il successo di un intervento dipende dalla condizione interiore di chi interviene, allora la leadership è la capacità di spostare il luogo interno da cui operiamo".
Anni fa all'Università di Perugia ho preso confidenza con un'idea, una metodologia, una pratica (poca) che mette in essere una serie di attività di osservazione e di studio sui bisogni sociali e di salute di un determinato territorio. Il fine è quello di programmare idonei servizi e quindi, attraverso questi, perseguendo attivamente partecipazione e condivisione, promuovere salute (Diagnosi di comunità).
La metodologia prevede l'individuazione di tutti gli stakeholder attivi nel territorio, non solo quelli istituzionali come ASL, EE.LL., rappresentanti dei cittadini, ma anche soggetti appartenenti al mondo del lavoro, della formazione professionale, del privato sociale, della comunicazione.
La Teoria U, in particolare per quanto riguarda la ridefinizione della leadership negli interventi di comunità, insieme alle conoscenze strutturate ricavabili, attraverso programmi di ricerca intervento finalizzati alla Diagnosi di comunità, possono dare utili indicazioni operative per un diverso sviluppo della medicina di territorio e della promozione della salute. Le Case della Salute che a tutt'oggi hanno avuto un incerto ruolo, possono essere il luogo di incontro e di confronto generativo. I sistemi sociali, che sono principalmente sistemi comunicativi che trattano non solo informazione ma anche senso (Luhmann, 1973; Musso, 2008) possono condividere un linguaggio che crei certezza. Il linguaggio con il suo potere di nominare il mondo e di generare senso (condiviso) costituisce il primo e più importante luogo di “certificazione” della realtà.
Secondo Scharmer il percorso per la creazione di un Campo sociale generativo prevede 5 tappe:
- co-iniziare, svelare l’intenzione condivisa, costruire un primo contenitore;
- co-percepire, vedere la realtà dai margini del sistema, stabilire una connessione orizzontale;
- co-presencing, connettersi al vostro più alto potenziale futuro, stabilire una connessione verticale;
- co-creare, prototipare per imparare dal fare, portare il nuovo nella realtà;
- co-modellare, incarnare e istituzionalizzare il nuovo, far evolvere l’eco-sistema più ampio.
* vedi anche a cura di Ugo Perugini (6 Settembre 2018): https://www.leadershipmanagementmagazine.com/articoli/otto-scharmer-trasformare-la-societa-con-la-teoria-u
19 novembre, 2020
Antonio Addis intervista Domenico Mantoan Direttore generale AGENAS
18 novembre, 2020
Covid: quali narrazioni possibili ? Covid 19: la dimensione clinica, la dimensione sociale e andragogica
Alcuni lamentano che le ultime disposizioni - le Regioni a colori - hanno determinato una certa confusione. I comportamenti, di conseguenza, sarebbero difformi per scarsa chiarezza delle disposizioni. Argomentazione difficilmente condivisibile a mio avviso. Cosa influenza in definitiva i comportamenti? Sicuramente l'autorevolezza della fonte e lo stile di narrazione sull'andamento della pandemia. Interessante il lavoro dell'Università Bicocca di Milano.
COVID 19 e Narrazioni - di Micaela Castiglioni
Come studiosa ed esperta di educazione degli adulti e degli anziani mi hanno colpito quelle che potremmo chiamare le narrazioni caleidoscopiche sull’identità e sul ruolo
degli adulti che l’emergenza coronavirus ha messo in risalto in modo molto nitido. Ne richiamo soltanto alcune, certa che chi leggerà queste brevi riflessioni potrà
integrarle, ampliarle, e perché no, metterle in discussione.
- C’è una narrazione che ci presenta adulti responsabili verso se stessi e gli altri, che, messi davanti alla limitazione della libertà personale, si sono adeguati con consapevolezza, riconoscendo essi stessi l’importanza e l’inevitabile necessità di una scelta simile per la salute dell’intera comunità.
Come chiamarli? “Quelli che” hanno capito con responsabilità?
- C’è, al contrario, una narrazione che dà forma ad adulti i quali davanti al monito televisivo, quotidianamente riproposto, “restate a casa”, continuano ad uscire, a fare footing, a non rispettare la distanza di sicurezza, ecc... Non sono pochi, si parla del 40% dei cittadini adulti.
Come si possono chiamare? “Quelli che” andiamo fuori lo stesso e nonostante…”?
E qui, non posso evitare di pormi alcune domande: perché questo comportamento? Forse, perché è stato posto un vincolo? Perché la libertà individuale è stata limitata? Se non ci fossero le regole e le limitazioni ministeriali la percentuale di questi adulti rischierebbe di aumentare? Probabilmente sì; se i decisori politici stanno progressivamente intervenendo - almeno nelle aree geografiche così dette rosse - con limitazioni più rigide, con controlli ancora più severi e con multe molto più pesanti.
- C’è, inoltre, un’altra narrazione, quella veicolata dai palinsesti TV, che sembra parlarci di adulti da intrattenere H24, in casa, svagandoli ad oltranza e non facendoli pensare (e non è giocoforza, che uno pensi, solo e sempre, al coronavirus). Adulti probabilmente non ritenuti in grado di scegliere, di organizzare e gestire la propria quotidianità, di raccogliersi, almeno ogni tanto, tra sé e sè? Senza dubbio svagare, rassicurare è utile ma non è altrettanto utile capire, riflettere in silenzio?
Come possiamo chiamarli questi adulti costruiti dai media? “Quelli che” bisogna colmare, sviandoli?
Quali altre narrazioni si possono aggiungere? Ci vengono in mente possibili integrazioni? Narrazioni diverse? Che cosa possiamo apprendere, seppur drammaticamente, dal COVID 19, affinché non tutto ritorni come prima?
16 novembre, 2020
Le arti e il miglioramento della salute - medicina di territorio, un diverso approccio
Tante volte nel corso di questa terribile pandemia abbiamo sentito invocare il Territorio, i MMG, i PLS. Il maggiore coinvolgimento dei colleghi passa sicuramente attraverso la necessaria revisione degli accordi per attualizzarli e renderli più coerenti ad un complessivo disegno di sanità pubblica.
La medicina di territorio però non può essere solo questo. La medicina di territorio è medicina di prossimità, per definizione è intersettoriale. Non deve avere un solo attore protagonista. La medicina di territorio deve avere i suoi luoghi (le Case della Salute), le sue procedure, i suoi standard. La medicina di territorio lavora per percorsi di cura integrati, multidisciplinari e multiprofessionali.
I professionisti sono adeguatamente formati per la medicina di territorio?
Le tecnologiche (complessivamente intese) sono sicuramente insufficienti, ma se ne conosce con accettabile approssimazione, il reale fabbisogno?
Siamo in grado di attuare una progettazione condivisa, intersettoriale, che si realizzi attraverso l'uso di budget differenti (diverse fonti di finanziamento)?
Il modello organizzativo normato è ancora attuale?
La medicina di territorio è One Health, o non è.
Un punto di vista ...
https://www.dors.it/documentazione/testo/202005/oms_arti_ita.pdf
La crisi globale legata a Covid19 ha messo in evidenza il contributo centrale della Cultura e delle Arti alla nostra salute mentale e alla nostra capacità di coesione sociale, in una parola alla fioritura umana individuale e collettiva. Lo scenario è quello di una società che deve affrontare una sorta di disordine post-traumatico da stress, in cui gli enormi costi sociali della crisi toccano diverse dimensioni sociali e politiche.
Il CCW -Cultural* Welfare Center- nasce come risposta alla crisi pandemica, da dieci professionisti di diverse aree disciplinari che, nell’ambito di altrettante istituzioni, cooperano a geometria variabile dagli inizi del millennio nella ricerca-azione sul terreno pionieristico per l’Italia dell’alleanza strategica tra Cultura e Salute per un futuro sostenibile.
La decisione di mettere a sistema le migliori competenze in questo momento storico, chiamando a raccolta altri esperti in una knowledge community, per creare un ecosistema di dialogo, deriva dalla consapevolezza che le Arti e la Cultura sono importanti risorse per la costruzione di salute nella dimensione della cura, delle medical humanities, della promozione della salute e per lo sviluppo di equità e di qualità sociale.
Questa grande crisi mette in gioco la coesione sociale, la salute biopsicosciale delle comunità, in un senso profondo ed è urgente lavorare a una nuova idea di welfare in cui le Arti e la Cultura possano dare un rilevante contribuito per la ripartenza del Paese. Coinvolgendo attori e portatori di interesse pubblici e privati, lavorando in un’ottica multidisciplinare, multilivello e intersettoriale, per garantire impatto sociale e nutrire le politiche.
La pubblicazione in lingua italiana del rapporto OMS (2019), in collaborazione con DORS, il Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, costituisce la prima azione del CCW che intende condividere con comunità di pratiche, organizzazioni e operatori socio-sanitari-assistenziali ed educativi, studiosi e policy makers, la più recente ed ampia ricerca mai effettuata sull’impatto delle Arti sul benessere e la Salute delle popolazioni sia nella dimensione della promozione e prevenzione che quella del trattamento e della cura.
* cultural studies: scuola e corrente sociologica indirizzata alla studio dei fenomeni culturali e sociali contemporanei secondo una prospettiva critica. Studi caratterizzati da una forte vocazione alla multidisciplinarietà
Tenere in considerazione la natura intersettoriale degli ambiti dell’arte e della salute:
rafforzando strutture e meccanismi per la collaborazione tra i settori della cultura, del sociale e della sanità, per esempio introducendo il co-finanziamento di programmi da parte di budget differenti,
considerando l’introduzione o il potenziamento di modalità di prescrizione ai pazienti di attività artistiche dai settori della sanità e dell’assistenza sociale, per esempio attraverso l’uso di prescrizioni per attività sociali,
favorendo l’inclusione delle arti e degli approcci formativi umanistici nell’ambito della formazione degli operatori sanitari e della cura per migliorare le loro abilità cliniche, personali e comunicative.
14 novembre, 2020
13 novembre, 2020
One health per la salute delle comunità - serve una nuova riforma del SSN ?
Il concetto di one health non è un programma né un pacchetto di azioni specifiche, potremmo considerarlo una filosofia, un modo di pensare. Non esiste la salute dell’uomo separata dalla salute degli animali, ma esiste solo la one health, un equilibrio tra le due. Nel nostro mondo globalizzato siamo tutti vicini: se in Cina si muore per un nuovo virus, nel resto del mondo le persone non possono semplicemente pensare di proteggersi chiudendo gli aeroporti, perché comunque il virus arriverà. Non è pensabile risolvere il problema in modo individuale, ciascun paese secondo i propri tempi e modi: possiamo solo farlo tutti insieme. È la salute globale.
Rosy BindiEx ministro della Salute, presidente Commissione antimafia nella XVII legislatura
6 novembre 2020
La tragedia che ci ha colpito ha avuto conseguenze gravi non solo per l’imprevedibilità che l’ha caratterizzata, ma soprattutto perché ha evidenziato le carenze strutturali del nostro sistema sanitario. Non è da attribuire alla cattiva sorte il fatto che i sistemi regionali che hanno registrato i problemi più grandi siano stati quelli dove in questi anni si è abbandonata la prevenzione, la presa in carico delle cronicità, si è indebolita la sanità dei distretti territoriali, l’integrazione socio sanitaria, dove sono considerati inutili i medici di medicina generale. Hanno fallito i modelli organizzativi ad alta competizione pubblico-privato. Si è persa un’intera generazione non a causa del destino cattivo, ma a causa dell’abbandono al quale è stata condannato.
Si è persa un’intera generazione non a causa del destino cattivo, ma a causa dell’abbandono al quale è stata condannato
I beni comuni. Davvero questa è l’occasione, e non vorrei che ce ne scordassimo nei prossimi mesi, per riflettere sull’importanza dei beni comuni. I padri fondatori sono stati lungimiranti: la salute è l’unico diritto che viene definito “fondamentale” dalla nostra Costituzione. Mi auguro che la parte politica che ha nel Dna questa storia culturale si liberi dalle timidezze e dalle subalternità che ha avuto in questi anni nei confronti di un – legittimo – pensiero liberistico, che ha mortificato i beni comuni e servizi pubblici come la scuola e la sanità nazionale.
La pandemia da Covid-19 sta moltiplicando povertà e disperazione. Bisogna ripartire da politiche per la casa e di sostegno al reddito e dai beni comuni. Il quinto numero de lavialibera
Penso che la regionalizzazione del servizio sanitario sia una scelta irreversibile, ma nessun sistema a regionalismo forte o federale può permettersi la mancanza o la debolezza di una guida politica nazionale. Occorre un ministero della Sanità che non sia subalterno a quello dell’Economia, perché la sanità non è un bilancio ma un diritto dei cittadini, il più importante perché il presupposto per esercitare tutti gli altri. Occorre un Ministero che riconduca l’autonomia alle coerenze del sistema. Se vogliamo un servizio sanitario pubblico che garantisca in maniera uniforme i servizi essenziali, non possiamo permetterci gli apprendisti stregoni che in questi anni hanno realizzato modelli organizzativi tra di loro diversissimi e spesso incoerenti rispetto ai principi di un sistema universalistico.
Siamo alla vigilia di nuovi investimenti, come abbiamo intenzione di usarli? Io credo vadano impegnati in progetti, sotto la guida del Ministero, per intervenire secondo la nostra Costituzione e le riforme del sistema sanitario che già prevedono, per esempio, l’integrazione pubblico-privato, con il privato sociale, la valorizzazione della cooperazione all’interno di un sistema integrato, non competitivo, dei servizi. Nonostante i principi, abbiamo finito per costruire, soprattutto in alcune parti del nostro Paese, un sistema che eroga prestazioni, che cura la malattia, ma non produce salute ed è per questo che il virus ha rischiato di avere la meglio.
Potremo vincere questa sfida se capiremo che il settore sanitario può essere trainante anche per lo sviluppo dell’Italia e se sapremo attivare un intervento istituzionale governato dalla politica. È la politica che deve tornare centrale nella gestione della sanità e che deve avere tutta l’autorità necessaria per farlo.
Da lavialibera n° 3 maggio/giugno 2020
10 novembre, 2020
il professor Appadurai parla di COVID-19. L’intervista di Raffaele Liguori.
…
Vedo delle evidenze, delle prove, per le quali quasi tutti gli stati-nazione continuano a praticare i loro negoziati sul commercio globale, sul commercio degli armamenti che è molto attivo (in particolare in Francia, Stati Uniti, Arabia Saudita, India, China), un vero grande business.
…
Allo stesso tempo ci sono alcuni aggiustamenti nel modo in cui lo stato-nazione ha a che fare con la globalizzazione. Perfino gli stati-nazione che sono sotto una grande pressione per chiudere i propri confini, mettere priorità sulla salute dei propri cittadini, tutti questi stati dipendono da collaborazioni e assistenza tecnica, scientifica, medica attraverso i confini.
Perfino al centro della campagna per sconfiggere il Covid ci sono processi di cooperazione e collaborazione internazionale e globale.
Quindi non penso che la globalizzazione sarà trasformata o rallentata o bloccata dal Covid-19.
…
Il costo maggiore è che il nostro principale modo di connetterci tra di noi è stato sospeso. Per coloro che tra di noi hanno tecnologie digitali, allora possono sopperire a questa mancanza. Ma per il 60-70% della popolazione mondiale la tecnologia digitale non è disponibile, e quindi vengono ributtati indietro nelle loro famiglie, nelle loro case, nei loro quartieri. Si tratta di costi sociali molto alti.
Questo è ciò che accade da una parte. Ma dall’altra parte, se si guarda alla Germania, ma anche all’Italia, alla Lombardia, alla Corea, o a molti altri posti, si vede che lo stato non può fare tutto senza che le persone comuni si diano da fare, partecipino allo sforzo, ad esempio indossando le mascherine, mantenendo le distanze sociali, lavandosi le mani, evitando contatti non necessari con estranei.
Senza tutto ciò l’intero sforzo di combattere il Covid sarebbe fallito in modo disastroso, peggio di quanto successo finora.
...
Di fronte a noi c’è un problema di alfabetizzazione.
Quindi, da un lato sono d’accordo che la scienza contemporanea sia stata la risorsa principale per combattere direttamente il virus come un oggetto fisico.
Questo però non significa che noi comprendiamo tutto ciò che ci viene detto, perchè non siamo istruiti abbastanza per comprendere numeri di tale complessità. Quasi nessuno lo è. Siamo ancora meno attrezzati a comprendere quando ci sono dibattiti fra due scienziati. Come potrò mai esprimere un giudizio quando entrambi quegli scienziati hanno grafici e dati di una tale enorme complessità?
Questo è un grosso problema, l’alfabetizzazione, digitale e scientifica. L’alfabetizzazione su probabilità, proiezioni, numeri. La maggior parte delle persone non ce l’ha.
Dall’altro lato c’è quanto lei indicava, cioè che c’è stata una sorte di “vuoto” dalla parte di ciò che lei ha chiamato “linguaggio sociale” e che io chiamerei in altro modo.
In un mio vecchio libro (“Il futuro come fatto culturale”) ho proposto un contrasto tra “etica della probabilità” e “etica della possibilità”.
Probabilità è la parola nella quale viviamo: numeri, rischi, incertezza, probabilità, proiezioni…si possono usare migliaia di parole, ma sono tutte dalla parte dell’etica della probabilità.
Dall’altra parte abbiamo bisogno di qualcosa di forte, dalla parte dell’etica della possibilità, che è l’etica della speranza, dell’aspirazione, desiderio, immaginazione, ispirazione.
Sono d’accordo con lei completamente nel dire che abbiamo un fallimento relativo da questa parte, cioè dalla parte del linguaggio sociale o del linguaggio delle possibilità che è stato schiacciato dal discorso della probabilità, penso al linguaggio delle scienze mediche e delle scienze correlate.
Noi abbiamo bisogno di queste scienze, ma abbiamo bisogno di un dialogo tra questa lingua e ciò che lei chiama linguaggio sociale. Altrimenti l’intero sforzo diventa unilaterale e noi diventiamo una sorta di consumatori passivi di dati numerici che non comprendiamo; dobbiamo dare la nostra vita a qualcuno che ci dica cosa fare: indossare o meno una mascherina; stare distanti 6 metri e non cinque. Dobbiamo assecondare queste situazioni e ciò non è molto positivo per vite democratiche in salute.
Quindi, sono d’accordo con lei: c’è un fallimento dal lato del linguaggio sociale.
08 novembre, 2020
Cambiamento
GLI 8 STEP DEL CAMBIAMENTO
Nel suo bestseller “Leading Change” John Koer identifica 8 step fondamentali da percorrere in un processo di cambiamento.
SENSO DI URGENZA
Creare un senso di necessità verso il cambiamento stesso che ne faccia percepire l’importanza per tua l’organiz- zazione.
CREARE UNA VISIONE
Delineare in maniera efficace la visione del punto di arrivo a cui si mira nel processo di cambiamento.
RIMUOVERE GLI OSTACOLI
Rinforzare i comportamenti positivi gratificando pubblicamente le persone che supportano il cambiamento. Identificare problemi degli oppositori e provare a risolverli.
NON MOLLARE LA PRESA
Analizzare ogni obieivo raggiunto tracciando cosa ha funzionato e quali sono invece gli elementi migliorabili da riprogeare.
COSTRUIRE IL TEAM
Individuare gli “agenti del cambiamen- to”, ovvero le persone che possono aiutarvi nel percorso.
COMUNICARE LA VISIONE
Comunicare efficacemente la visione progeata ai collaboratori di tui i livelli con forza e in modo costante.
CREARE QUICK WINS
Progeare qualche obieivo di breve termine che abbia una ricaduta immedia- ta in fao di visibilità e di risultati oenuti per convincere anche i più sceici.
FARE ATTECCHIRE
Incorporare il cambiamento nella cultura aziendale facendolo interiorizzare alle persone per scongiurare un ritorno allo stato iniziale.
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CHANGE MANAGEMENT
Hook S.r.l.
05 novembre, 2020
Il territorio, ci stavamo per dimenticare
E noi quando cominciamo almeno a parlarne della diversa organizzazione post CoVid-19 di MMG e PLS
Nulla sarà come prima. Davvero?
Da Salute Internazionale un interessante articolo
https://www.saluteinternazionale.info/2020/11/medicina-di-famiglia-in-portogallo/?pdf=18058
03 novembre, 2020
le 3 D
- la disarticolazione dei lavoratori e dei luoghi di lavoro
- la dematerializzazione delle relazioni interpersonali
- la disintermediazione dei processi produttivi
02 novembre, 2020
30 ottobre, 2020
dpcm 24 ottobre - ben tornato Watzlawich
Poche considerazioni su l'ultimo, per ora, dpcm.
Dopo che tutti, durante la primavera, ci siamo sperticati a dire nulla sarà più come prima, ritrovarsi, almeno apparentemente, come a marzo 2020 crea delusione e sconforto. Anche chi è lontanissimo da atteggiamenti no vax o da posizioni radicalmente critiche (dittatura sanitaria) è disorientato, confuso.
L'Italia ha adottato soluzioni restrittive non dissimili da quelle degli altri paesi europei, nessuno ha certezze assolute sull'efficacia dei rimedi, i sistemi informativi e di tracciamento, al momento, non consentono di fare di più o di fare più efficacemente.
Eppure percepisco uno stato di ansia misto a rabbia, questo è sicuramente comprensibile guardando impennarsi la curva dei contagi, ma credo che ci sia anche dell'altro.
Molti, io tra questi, hanno creduto, hanno voluto credere, che nulla sarebbe stato più come prima. Ci siamo detti, una pandemia di queste dimensioni, la prima caratterizzata dalla profusione di notizie in diretta sui molti canali mediatici, non può non determinare un cambiamento. Un cambiamento nei governanti, nei politici, nei professionisti, nella comunità di cittadini, malati, parenti, associazioni.
Forse eravamo animati da una aspettativa un po' magica, un po' infantile. Salvifica. Forse. E' nel modo d'essere degli umani atteggiamenti.
Non voglio entrare nel merito dei singoli provvedimenti, anche se come medico di sanità pubblica da più di 40 anni, avrei titolo a parlarne più di quanti oggi si improvvisano esperti in dibattiti televisivi e sui giornali. Comprendo bene che alcune criticità sono oggettive e non risolvibili in 6 mesi. Non credo che sia facile colmare i buchi di personale (medici rianimatori, medici di urgenza, infermieri) determinatisi negli ultimi 10 anni e oltre. Questa difficoltà deriva sia dalle lungaggini procedurali, che sopratutto dall'oggettiva carenza di risorse professionali disponibili. Forse dobbiamo assumere medici dall'estero come ha già fatto UK. Altre difficoltà, che ugualmente influenzano quel sentimento di ansia mista a rabbia, possono però essere affrontate. Voglio citare alcune questioni.
- Comunicazione ed esercizio della leadership. Io sono convinto che nella assoluta maggioranza i comportamenti adottati dai cittadini, fino ad oggi, siano corretti e orientati alla riduzione del rischio, compatibilmente allo svolgimento delle attività quotidiane (es.mezzi di trasporto affilati). Bene se così è, non è giustificato uno stile comunicativo orientato alla sanzione e alla condanna. E' necessario puntare sul coinvolgimento e sulla partecipe responsabilizzazione di soggetti adulti e consapevoli.
- E' assolutamente necessario un fermo intervento del governo centrale che non consenta procedure diversificate da regione a regione nella gestione dei positivi, dei contatti, dei quarantenati. Una procedura nazionale. Questo non significa ridurre l'autonomia delle Regioni. Significa garantire uguali possibilità di cure a tutti i cittadini. In tempo di nazionalismi imperanti dovrebbe essere facile.
- I cittadini, positivi, sospetti, quarantenati devono tutti ugualmente essere presi in carico. Questo significa che almeno devono essere informati sul percorso di osservazione e trattamento a cui saranno univocamente avviati e monitorati. Conosco il tema della carenza di risorse professionali che ha reso quasi impossibile il tracciamento, ma il cittadino deve sapere quale sarà il suo percorso e chi è il suo (unico) interlocutore (vedi estenuante trattativa con MMG e PLS. Perché non affidare ai MMG un punto tamponi almeno in ogni Distretto, magari nelle case della salute, dove sono state attivate?
28 ottobre, 2020
Covid-19 in Spagna. La seconda ondata
Concludo sottolineando che le disuguaglianze sociali non hanno soltanto influenzato l’aumento del rischio nei lavoratori precari, ma hanno colpito anche ai gruppi più vulnerabili della società, quelli che hanno perso il lavoro o che si trovavano già in una situazione di esclusione sociale, e ai quali gli aiuti promessi dello stato, stanno arrivando lentamente e in ritardo a causa delle barriere burocratiche (come nel caso del Reddito Minimo Vitale), motivo per cui si sono sviluppate azioni solidaristiche dei gruppi di mutuo soccorso di questi quartieri per sopperire a queste carenze.
Abbiamo bisogno di un po’ di tempo, non soltanto per vedere come si comporta questa seconda ondata, ma per capire l’impatto che tanto il sovraccarico del sistema sanitario, quanto l’aumento delle disuguaglianze sociali avranno sulla salute collettiva dei cittadini spagnoli.
Javier Segura del Pozo, medico di sanità pubblica, Madrid
Traduzione di Maria Josè Caldes, medico di sanità pubblica, Firenze
21 ottobre, 2020
Le buone letture fanno bene alla salute
"Intersettorialità 4.0 - Le profonde trasformazioni in questo secolo sono sintomi di tre problemi strutturali profondi:
• l’incapacità di generare benessere per tutti (frattura economica);
• l’incapacità di generare reale partecipazione per tutti (frattura politica);
• l’incapacità di creare opportunità di apprendimento generativo per tutti (frattura culturale).
Una riorganizzazione completa ci porterà a ripensare e riprogettare i seguenti sistemi che, pur essendo correlati, vengono di solito considerati separatamente: la salute, l’istruzione, il cibo e la finanza.
Inoltre, per coordinare il tutto sarà necessario un quinto sistema, quello che riorganizzerà il management e la governance."
(da "Teoria U, i fondamentali. Principi e applicazioni" di C. Otto Scharmer)
13 ottobre, 2020
Memento vivere
Da tenere a mente per ridisegnare l'assistenza territoriale
- Il comportamento schizofrenico verso tutto ciò che è pubblico, riscoperto e rilegittimato come essenziale per le nostre vite, ma subito confinato da molti in un ruolo di passivo esecutore e finanziatore di interventi o di mega-piani-di-spesa decisi da pochi, senza un confronto aperto e trasparente con cittadinanza e lavoro.
- Il pensare al civismo attivo e al privato sociale in un ruolo ancillare, di sostituzione e compensazione (a bassi salari) del welfare pubblico, non come co-attore di cambiamento verso una società più giusta.
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/un-futuro-piu-giusto-e-possibile-promemoria-per-il-dopo-covid-19-in-italia
12 ottobre, 2020
Salute pubblica e assistenza di territorio
La pandemia di Covid-19 riprende a correre ancora più di prima. Riprendono ancora più frequenti gli appelli alla territorialità. Tutti affermano che il Covid si batte sul territorio.
Come spesso succede quando i ragionamenti si riducono a slogan più facilmente si diffondono. Più facilmente se ne perde però il significato.
Lo slogan si trasforma, un po' alla volta in mantra. La soluzione verrà quindi dalla meditazione collettiva? Auguriamocelo.
Io sono fortemente convinto che la soluzione deve venire fuori dal dibattito, civile ma serrato, dal confronto.
Il più delle volte mi capita di ascoltare, o leggere, a proposito di territorio, alcune proposte che riguardano il dipartimento di sanità pubblica (dipartimento di prevenzione), e proposte che riguardano una parte delle cure primarie, MMG e PLS. Tutto qui? Il sostantivo TERRITORIO è diventato una sineddoche. Il contenente diventa contenuto.
Questa settimana L'Espresso ed Emergency annunciano una iniziativa per la sanità pubblica "le idee che fanno bene". Sicuramente una buona proposta di una gloriosa ONLUS e di un autorevole settimanale.
Non vedo, almeno io non vedo, la partecipazione dei tanti bravi operatori del SSN a questa fase che vorremmo di rinascita.
La pandemia riprende a correre e si moltiplicano le segnalazioni che dicono che siamo arrivati, almeno in parte, impreparati alla prevista ripresa d'autunno del Covid.
Il territorio non si è sviluppato quanto necessario e auspicato.
Io sono convinto che questo è successo perché manca il confronto, il dibattito sulle idee e sulle competenze.
Abbiamo bisogno di ridisegnare l'assistenza alla persona nel contesto extra ospedaliero. Non dobbiamo scambiare l'assistenza territoriale collettiva del dipartimento territoriale con l'assistenza alla persona. Assistenza di base ma anche specialistica. Assistenza extra ospedaliera, ma anche domiciliare e residenziale. Assistenza no-profit anche attraverso soggetti privati accreditati.
In questa delicata fase non possiamo rinunciare al pensiero organizzativo. Non possiamo rinunciare a coltivare le idee. Non possiamo abdicare al nostro ruolo di curare le idee sbagliate.
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https://www.terzogiornale.it/2024/06/03/un-cavalierato-berlusconiano/ Il “cavalierato” in fondo è poca cosa: viene dato a chicchessia. Suff...
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liberamente tratti da: https://www.saluteinternazionale.info/2024/06/franco-basaglia-100-4/?pdf=23289 - Viviamo in un’epoca dominata dagli ...
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Parliamo di etica e agricoltura sostenibile Negli anni ’70 del secolo scorso, per concludere il libro Suolo e Società, l’agronomo Giovanni ...